Quaresima, calvario, crocifissione. Il vocabolario della Pasqua è ormai sgranato quasi completamente. Manca la parola più importante: resurrezione. La Roma è morta, e intorno al cadavere si affacciano non più i dolenti degli affreschi medievali, ma gli arrabbiati del Terzo Millennio, quelli che non si accontentano più di vedere la squadra mai sotto il secondo posto in campionato da due stagioni perché illusi da promesse e proclami inadeguate al valore di una squadra non all’altezza di sogni e bisogni.
LA CONTESTAZIONE L’umiliazione patita contro la Fiorentina ha fatto scomodare gli storici per evocare il ricordo della Curva Sud – il cuore del tifo – che abbandona lo stadio nel primo tempo: in questa misura sembra non essere mai successo. Ma in realtà era solo la preparazione alla contestazione finale che covava. Già all’intervallo molti ultrà erano usciti per provare ad avvicinarsi al cancello da dove escono i calciatori, ma un imponente cordone di polizia li aveva tenuti lontano. La prima idea del tifo organizzato era quella di bloccare i due lunghi viali che portano all’Olimpico, ma la cosa francamente sarebbe sembrata più una manovra da rivoluzione sociale che da esiti di partita di calcio. Per scaldare l’ambiente, intanto, al 17’ della ripresa, un solitario invasore diventa il paladino dei feroci: era dal 21 marzo 2004 – dal famoso derby interrotto – che un tifoso non provava ad entrare in campo. Stavolta è toccato a un trentenne peruviano, P.D., provarci e finire arrestato, anche perché sembra sotto effetto di sostanze stupefacenti. Comunque, al netto della questione Garcia (che affrontiamo a parte), gli striscioni e i cori sono stati tutti un programma: «Mercenari, cambiate mestiere», «Roma s’è rotta er cazzo, a presto…», «Levatevi la maglia», fino all’irridente «Ci vediamo in discoteca». A fine partita, poi, gli ultrà hanno convocato la squadra sotto la curva e i giocatori hanno acconsentito, per evitare guai peggiori, o quantomeno di restare chiusi nello stadio fino a notte. Alla gogna si presentavano De Rossi, De Sanctis, Astori, Pjanic, Iturbe, arrivava anche capitan Totti, senza dimenticare che Nainggolan, in tribuna insieme alla sorella Riana, era stato bersagliato di critiche. «State calmi, in fondo siamo sempre secondi», l’autodifesa, che però non ha convinto nessuno.
«SE LA LAZIO SUPERA…» Assai più duri i toni della Curva a fine partita. «Vergognatevi, tirate fuori le palle, siete indegni della maglia che portate». Il tutto con l’invito a togliersi di dosso la maglia, scena che ha ricordato in qualche modo un Genoa-Siena dell’aprile 2012. Non solo. Iturbe è uscito devastato («Non vali tutti i milioni che hanno speso per te»), mentre alla fine delle bottigliette hanno colpito – senza conseguenze – anche De Sanctis e De Rossi. Pjanic, invece, colpito da un accendino, si è allontanato subito. Uno dei messaggi più forti partito dalla Sud, comunque, era riferito all’immediato futuro: «Se la Lazio ci supera nella corsa Champions, siete finiti…». Concetto che tra l’altro un gruppo di ultrà aveva esposto alla squadra anche la scorsa settimana a Trigoria. Non basta. A fine serata alcuni tifosi provavano anche ad avvicinarsi di nuovo all’uscita dei calciatori, ma venivano scoraggiati dalle forze dell’ordine, che peraltro a mo’ di prevenzione avevano blindato anche Trigoria. Oggi però si ricomincia. Il tam tam ultrà infatti è già partito e quindi già stamattina si attende un raduno di tifosi fuori dal centro sportivo di Trigoria per inscenare un’altra contestazione. Morale? Non sappiamo se quanto hanno detto Garcia e il d.g. Baldissoni sia vero («Roma è l’ambiente più difficile del mondo»), di sicuro però che concorra per il titolo pare sicuro. E questa non è una bella notizia per nessuno.
La Gazzetta dello Sport – Cecchini, Stoppini