La Gazzetta dello Sport (M.Iaria – A.Catapano) – C’è un piccolo lasso di tempo, non più di un quarto d’ora, in cui si consuma la tragicommedia del calcio italiano. Quindici minuti, più o meno, in cui dall’avere un presidente sostenuto da un’ampia maggioranza, seppure messa insieme con la colla, si precipita direttamente al commissariamento del Coni. Che diventa, per manifesta incapacità di governare mostrata dai dirigenti calcistici, l’esito più scontato e, a quel punto, auspicabile (e del resto è inutile sorprendersi, visto che la Figc è la federazione più commissariata nella storia dello sport italiano).
THE END – L’ultimo pasticcio di una giornata scandita da trattative continue per le poltrone, accuse incrociate, riunioni fiume in stanze segrete, tripli salti mortali, in sostanza il meglio del peggio cui ci ha abituato il calcio italiano che ieri ha lasciato basiti anche i delegati di Fifa e Uefa, si consuma quando l’ennesimo accordo tra i due candidati rimasti, costretti loro malgrado a scendere a patti per evitare l’invasione del Coni e tenere in piedi la baracca, salta. La convergenza della Dilettanti su Gabriele Gravina presidente sfuma sul più bello (si fa per dire), lasciando tutti di stucco, compreso il povero presidente dell’assemblea, il magistrato di lunghissimo corso Pasquale De Lise, che pochi istanti prima ha annunciato dal palco l’arrivo di Cosimo Sibilia per un’importante comunicazione e a quel punto non sa più che pesci pigliare. La comunicazione effettivamente arriva, ma è di tutt’altro tenore, e questa davvero toglie il fiato ai presenti. «La nostra disponibilità a eleggere Gravina presidente, messa sul tavolo mostrando ancora una volta grande senso di responsabilità, con l’obiettivo di dare al governo del calcio quell’ampia maggioranza di cui avrebbe avuto bisogno, è stata incredibilmente rifiutata, a questo punto la Lnd vota scheda bianca». È la certificazione di un fallimento e una dimostrazione di impotenza. Siamo alla quarta votazione, l’ultima concessa dallo Statuto per eleggere un presidente: «basterebbe» il 50% più uno dei voti validamente espressi, ma con la Dilettanti (34%) e i Calciatori (20%) intenzionati a votare bianca, l’elezione di Gravina diventa aritmeticamente impossibile.
COSA È ACCADUTO? – Vince il partito delle schede bianche, perde tutto il calcio, irrompe Malagò, che probabilmente terrà il giocattolo almeno un anno. E dire che il presidente del Coni, allertato della gravità della situazione, prima della quarta e decisiva votazione con una telefonata aveva riavvicinato Sibilia e Gravina, che al momento delle presentazioni se le erano date di santa ragione. E all’accordo avevano lavorato anche Tavecchio, che in cuor suo, forse, sperava di ottenere da questa partita una conferma a commissario della A, e Giancarlo Abete. Sibilia, fino a quel punto in vantaggio, rinunciava a correre per la presidenza, ma in cambio chiedeva la vicepresidenza, la delega alla riforma della giustizia sportiva e una voce in capitolo sulla scelta di un nuovo direttore generale della Figc, la richiesta più spinosa, quella su cui probabilmente si è infranto l’accordo. Fatto sta che, dopo aver dato la sua disponibilità, Gravina sottoponeva la bozza di accordo agli stakeholder della sua coalizione e ne otteneva un no pressoché unanime, particolarmente convinto dai delegati dell’ala cosiddetta riformista della A, che oltretutto non ne volevano sapere di mischiarsi a Claudio Lotito (fuori dalla trattativa). A quel punto Gravina si è trovato spiazzato. Poco più tardi, in attesa del responso delle urne, il presidente di Lega Pro non nascondeva l’amarezza: «Non me la sono sentita di accettare, non sarei stato coerente con il mio programma e i miei alleati. Chiedo scusa a tutti gli italiani, però mi sarei voluto giocare la partita fino in fondo e invece mi hanno portato via il pallone».
COME CI SI ERA ARRIVATI – La giornata era scivolata fino a quel punto, con modalità sempre più grottesche, per l’impossibilità di chiudere un accordo con Tommasi. La posizione dei Calciatori, nonostante le avance degli altri – Gravina e Ulivieri ci hanno provato per un mese, Sibilia è tornato alla carica ieri pomeriggio – è rimasta sempre la stessa: gli altri avrebbero dovuto convergere su Tommasi presidente, altrimenti non se ne sarebbe fatto nulla. Così è stato, non senza conflitti interni però. Non è un mistero, infatti, che una buona fetta dei 52 delegati Aic tifava per un accordo con Gravina e Ulivieri, benedetta anche da una certa parte politica, mentre alcuni tra i più stretti collaboratori di Tommasi non avrebbero disdegnato un’alleanza nemmeno con Sibilia. Ipotesi cui ieri ha lavorato anche Lotito, ma questo patto col diavolo è risultato indigeribile a tutti i delegati. Dunque, schiena dritta, niente inciuci, meglio finire commissariati. Un’ipotesi che peraltro Tommasi non aveva escluso.
E ADESSO? – «Il commissariamento è una sconfitta per tutti, avere un intervento dall’esterno non mi piace», dice il presidente del Torino Urbano Cairo. «È una pagina nera, il fallimento del calcio italiano», gli fa eco l’a.d. della Juve Giuseppe Marotta. Due esponenti di spicco dell’ala riformista della Lega di A si leccano i baffi per la batosta dell’odiatissimo Lotito e, vista la decadenza di Tavecchio, aspettano la nomina a Milano di un nuovo commissario (Michele Uva o Paolo Nicoletti), con il compito tra gli altri di adeguare lo statuto e recepire la maggioranza semplice per le votazioni di Lega. Prima ancora, il Coni dovrà pronunciarsi sul commissariamento, guarda caso la strada che sotto sotto auspicavano diversi club di A, dalla Juve, all’Inter alla Roma. Da giovedì, il pallone finirà tra i piedi più saldi di Malagò. In Figc resterà il presidio, altrettanto saldo, del d.g. Uva. Come dice il proverbio, quello che non uccide fortifica. Ma pure questo era facilmente pronosticabile.