Repubblica (P. Torri) – Genova come Budapest. Nel senso del silenzio. Quello della società. Che continua ad alimentare solo il rumore dell’assenza. Così come a Budapest. Quando l’intera dirigenza preferì non dire una parola (in questo senso Mou aveva ragione) dopo lo scempio perpetrato da un arbitro inglese scarso ai danni della Roma privandola di un’Europa League, di una finale di Supercoppa europea, di una qualificazione alla Champions e quindi di non meno di 50 milioni, così anche a Marassi dopo l’atroce beffa del pareggio subito nell’ultimo minuto di recupero dopo aver dovuto incassare un rigore solare non concesso e un fallo non fischiato a Pellegrini nell’azione che ha portato alla capocciata di De Winter, non c’è stato lo straccio di un dirigente capace di metterci la faccia di fronte a taccuini, microfoni e telecamere.
De Rossi è stato lasciato solo, così come lo era stato lo Special One. Con la non piccola differenza che il portoghese alle spalle aveva 26 trofei, un’abitudine alla comunicazione da premio Oscar, una carriera con gli effetti speciali, mentre il Sedici è soltanto ai primi passi. Ma ci pare evidente che dalle parti del bunker di Trigoria dove non vola una mosca senza che la greca voglia, tutto questo interessi poco. E allora non sarebbe il caso, facendo capire che non farebbe ombra a nessuno, di prendere un direttore generale (Boniek? Boban? Falcao?) che ora non c’è così come un direttore tecnico e tanti altri ruoli lasciati scoperti dalla spending review messa in pratica dall’ad Lina Souloukou?