Corriere dello Sport (M. Evangelisti) – Fate il vostro gioco, perché José Mourinho farà sempre il suo. Testardamente sul campo, soppesando le risorse a disposizione, separando il grano dal loglio e disponendo ciò che rimane nelle geometrie dettategli dalla coscienza tattica. E continuerà a giocare anche a partite concluse, con sistemi più sottili e duttili, ascoltando echi, annusando umori, facendosi pietra o acqua o carta a seconda delle circostanze.
José ha capito di voler restare alla Roma, dunque lavora all’isolamento di chi potrebbe mandarlo via oppure impedirgli la permanenza: il club, i Friedkin,
gli eventuali anticorpi all’interno della società.
E non da oggi. Aveva già vinto la primavera scorsa, quando pochi avrebbero scommesso un euro o un dollaro su un terzo anno in panchina e invece José venne confermato per acclamazione popolare e autoimposizione delle mani. Gli bastò una frase, una formula, e scattò l’incantesimo che tesseva pazientemente da due stagioni agonistiche.
Questa volta non è così semplice. Questa volta la proprietà potrebbe aver compreso come contrastare il suo carisma. Con l’invisibilità o con il silenzio, stanca dell’inflessibile presenza di un uomo che vince anche quando perde contro la Juve. Oppure, di colpo, potrebbe arrendersi all’evidenza che oggi si manifesta così: tifare contro Mourinho è qualcosa di molto simile a tifare contro la Roma.