Corriere della Sera (C. Passerini) – Diciamo la verità: anche stavolta, come quell’altra, un po’ José Mourinho la festa agli interisti l’ha guastata. Certo, sarà strano vederlo avversario a San Siro, come un generale vestito con la divisa di un altro esercito, ma così è il pallone, così è la vita. O meglio, così è Mou. Istrionico, teatrale, divisivo, spiazzante.
Come peraltro non lo vedevamo da un pezzo: non punge più, non stupisce più, s’è imborghesito, è invecchiato, è diventato buono, questo di lui si diceva negli ultimi anni, caratterizzati da poche soddisfazioni e molti fallimenti, come il recentissimo esonero dal Tottenham, il terzo consecutivo dopo Chelsea e United.
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La verità è che il sì alla Roma è un colpo da vecchio Mou: quello delle manette, quello che al primo giorno da interista si presentò parlando in milanese, quello del «rumore dei nemici», quello che “neanche Gesù piaceva a tutti”, quello dei “porqué?”, quello che ti prende in contropiede in campo e fuori, quello che non sai mai cosa farà, cosa dirà, dove andrà.
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Lo Special, quello vero. Proprio alla Roma, per dire, è legato uno dei suoi slogan più di successo, il famoso “zeru tituli”, inarrivabile. Era il 3 marzo 2009 quando, nel corso di un’indimenticabile conferenza stampa, pronunciò la famosa intemerata: “A me non piace la prostituzione intellettuale, a me piace l’onestà intellettuale. La Roma ha grandissimi giocatori, ma finirà la stagione con “zeru tituli“.
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L’antefatto era rappresentato dalle furibonde polemiche giallorosse per la direzione arbitrale di Rizzoli in Inter-Roma 3-3 di due giorni prima, caratterizzato dalla rimonta nerazzurra avviata dal discusso calcio di rigore poi trasformato da Balotelli. Erano gli anni dell’accesissima rivalità sull’asse Inter-Roma. Più di dieci anni fa: un altro calcio, un altro mondo, forse appunto un altro Mou.