«Vedrete che bel derby sarà. Lazio e Roma non tradiranno. Hanno risorse differenti, ma sono entrambe competitive. Reciteranno da protagoniste in questo campionato». Bisogna credere al regista d’Italia. Andrea Pirlo, il simbolo della qualità della Nazionale di Prandelli e da questa estate anche della Juve, non è solo l’enorme rimpianto del Milan campione d’Italia.
È giocatore unico, perché impossibile da clonare: per tecnica e tiro, soprattutto per posizione. Sa sempre che cosa fare in campo per sé e per i compagni. E come studiare gli avversari. A cominciare dalla Lazio. Per quale motivo bisogna dar fiducia alla squadra di Reja? «Perché affidabile e solida. Non è improvvisata ma costruita nel tempo. Ogni anno è stato inserito qualche elemento per crescere e migliorare. Klose, nell’ultimo mercato, è stato proprio un grande acquisto». E la Roma? Come giudica le idee di Luis Enrique? «Sono curioso: per questo ho già seguito diverse gare dei giallorossi. E’ un percorso intrigante, ma ci vuole tempo. Il lavoro di Luis Enrique si vedrà più avanti e non si può giudicare in cinque partite. Ma già mi piace. Rischiano molto, lo so. Per questo contano gli allenamenti e la partecipazione di tutti durante la partita quando c’è da difendere o da pressare».
Di registi in Itala se ne vedono sempre meno. Come mai? «È il momento. Proprio nel derby ce ne sono due di grande livello come De Rossi e Ledesma. Anche D’Agostino è bravo e lo stesso Cigarini sta facendo molto bene. Qualche giovane sta venendo fuori, ma tanti allenatori cercano altro. La fisicità conta, come la rapidità. Ma non è tutto». Nato trequartista, i suoi successi sono arrivati quando si è sistemato davanti alla difesa: complicata la trasformazione? «No. Ci ho messo poco e nemmeno ho trovato tante difficoltà. Da piccolo ero portato a venire un po’ indietro a prendere il pallone. Insomma mi sono subito trovato a mio agio».
Partendo da questa sua ultima considerazione, chiamiamo in ballo due titolari delle formazioni romane, Hernanes e Totti. Cominciamo con il brasiliano della Lazio: crede che possa copiare il suo percorso, cioè abbassarsi e non restare sempre e comunque dietro le punte? «Hernanes un po’ mi somiglia, almeno mi ricorda la fase iniziale della mia carriera. Lui è un trequartista atipico. Perché se vuole, come fa con la sua nazionale, può stare anche più dietro. Sa fare il regista. Ma non è bravo solo nel palleggio e negli assist, ha pure un gran bel tiro». Passiamo al capitano della Roma che conosce ancora meglio, avendo condiviso con lui l’avventura mondiale in Germania. Adesso sta più dietro: trequartista e a volte regista. Come lo vede, a 35 anni, in un ruolo che lo porta a spendere più energie e a concludere meno in porta? «Francesco ha fatto negli ultimi anni il centravanti, ma in precedenza ha giocato a lungo anche dietro le punte. È successo anche in azzurro e non si è certo dimenticato. Lui sa come aiutare la squadra, avendo personalità e tecnica. E non dà punti di riferimento: se ha libertà è sempre decisivo. I suoi tiri poi non mancano mai».
Crede che Totti possa chiudere addirittura da regista? «Non avrebbe problemi. Arretrarlo troppo, però, potrebbe davvero allontanarlo esageratamente dalla porta. Uno che calcia come lui è sempre meglio averlo nella zona calda». Stiamo parlando con uno specialista nei calci piazzati, come lo sono proprio Hernanes e Totti. Quanto tempo bisogna dedicare all’addestramento per risultare decisivi? «Io ogni giorno mi fermo in campo per esercitarmi. Mi piace farlo. È un consiglio che do a tutti i tiratori scelti».
Molti allenatori non sono così intransigenti. Perché? «Non lo so. Spero che i giovani capiscano l’importanza di punizioni e palle inattive che spesso sbloccano l’equilibrio di una gara. Addestrarsi fa bene: si acquistano sensibilità e precisione». Il suo amico De Rossi spesso fa il difensore. Come lo vede in quel posizione? «È davvero il terzo centrale della Roma. Mi sembra forte anche lì dietro. Copre, chiude e imposta. Meglio di così».
Il Messaggero – Ugo Trani
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