Nicandro Vizoco, preparatore atletico della Roma, questo pomeriggio ha rilasciato alcune dichiarazioni ai microfoni di RomaRadio. Queste le sue parole:
Come vi siete trovati qui a Pinzolo appena arrivati?
Ci siamo trovati benissimo. Siamo stati accolti bene. Sapevamo che il mister gode dell’affetto dei tifosi che ha maturato nella sua esperienza qui. Noi viviamo un po’ del riflesso dell’affetto che hanno i tifosi della Roma e di tutto l’ambiente nei suoi confronti e siamo contenti di questo. Cercheremo di fomentare l’affetto nei nostri confronti.
Vi ha detto cosa significa venire qui Di Francesco? O lui vi fa da scudo?
Ci ha resi consapevoli dell’importanza dell’impegno che ci aspetta, con tutte le sue difficoltà, delle pressioni della piazza e di ciò che ci si aspetta a Roma. Ci ha resi partecipi perchè è importante che noi fossimo a conoscenza di tutto ciò che ci aspetta nel bene e nelle difficoltà.
Come hai conosciuto Di Francesco?
Attraverso un incontro casuale. Lui aveva preso un anno di pausa dai suoi impegni e aveva appena terminato la carriera da team manager qui a Roma. Era a casa per riflettere sul futuro. La Val di Sangro gli offrì un ruolo di consulente a 360 gradi e di allestire il nuovo staff tecnico che comprendeva solo l’allenatore, che è anche il suo attuale collaboratore tecnico Pierini. Nel “casting” c’ero anche io e mi affiancò al mister Pierini. Al termine della stagione lui intraprese la carriera da allenatore e mi disse di seguirlo a Lanciano.
Com’è Eusebio da allenatore?
E’ il più forte di tutti. Non ho che imparare dal punto di vista tecnico. Quello che mi è subito risaltato agli occhi è che c’è sempre grande interesse da parte dei giocatori e coinvolgimento nei suoi allenamenti, in tutto ciò che propone. Quando un giocatore è estremamente interessato alle esercitazioni proposte vuol dire che la sua proposta è valida.
Esiste una preparazione sbagliata?
La preparazione è fondamentale e se non va può pregiudicare la stagione. Ma non è l’unica cosa. Una stagione è fatta di talmente tante componenti che non si può determinare solo da una preparazione ritenendo che possa essere più o meno sbagliata. Ci sono altri fattori che contribuiscono alla riuscita e alla qualità di una crescita fisica della squadra e di una performance che duri tutta una stagione. Però è erroneo pensare che una preparazione sia sbagliata o perfetta.
Nei ritiri ora c’è il pallone. Cos’è cambiato rispetto alle corse nei boschi del passato?
E’ cambiato il modello prestativo. Le velocità sostenute, le forze sostenute e le capacità dei giocatori, grazie anche a percorsi personalizzati, sono completamente diverse. Così come le richieste degli allenatori. Prima si trascorrevano giorni interi solo su allenamenti di crescita fisica. Oggi si vuole far apprendere subito il modello di gioco sul campo, coniugando con ciò la crescita fisica.
E’ complementare il lavoro del preparatore atletico?
Assolutamente sì. Gli allenamenti del mio allenatore sono estremamente impegnativi. Hanno una richiesta energetica per i giocatori sostenuta. Noi possiamo solo monitorare la richiesta energetica che spendono durante le prestazioni. Ognuno di noi ha un serbatoio. Se il miste riempie questo serbatoio al suo limite, noi non possiamo aggiungere altro lavoro. Dobbiamo essere bravi a raggiungere il 100% della capacità del serbatoio e aiutare il mister nel capire che tipo di lavoro va improntato.
Chi ti ha impressionato tra i giocatori? Sono tutti pronti?
Qualcuno un po’ meno, qualcuno un po’ di più. Ma è normale, anche allenandosi a casa, che ci si presenti in condizioni non del tutto perfette. Perotti. Si esprime in termini di fatica sostenuta notevole nonostante si sia allenato. Un conto è allenarsi a casa da soli, facendo quello che gli viene chiesto, un conto è misurarsi nella competizione con i compagni e nelle esercitazioni chieste dal mister.
Quanto serve ad una squadra per raggiungere la forma?
Dipende, tutto è variabile. Io penso ci voglia tempo per i ragazzi. Così come per l’allenatore serve il tempo giusto per inculcare le sue idee di gioco. Quantificarlo è difficile. L’importante credo sia dare continuità all’allenamento e gradualità nella crescita. Ciò consente di creare dei presupposti che ti possano sostenere durante la stagione.
Vi è servita l’esperienza in Europa League l’anno scorso con il Sassuolo?
Assolutamente sì. E’ stata un’esperienza estremamente formativa e per noi del tutto sconosciuta, per capire l’importanza di dover giocare tre partite in una settimana, in un contesto con una rosa di qualità ma non eccelsa numericamente.
Meglio le tournèe internazionali o una preparazione in un solo luogo? Cambia qualcosa nel tuo lavoro?
Cambia abbastanza. Da preparatore dico che sarebbe meglio la permanenza in un sol luogo. Da preparatore della Roma dico che va tutto benissimo e ci prepariamo in America. In realtà sarebbe un eufemismo dire che è così, perchè cambia tutto. Quella gradualità, quella possibilità di centrare obiettivi, fermandosi e facendo delle valutazioni ad ampio raggio, non la si ha. Si va in America per affrontare partite impegnative. Ci vuole continuità che così non arrivano.