Corriere dello Sport (R.Maida) – Dev’essere associato, in un istinto ancestrale, al passo di tango. Perché la rabona, il gesto di cui Diego Perotti si è quasi scusato dopo aver affondato il Viktoria Plzen, è un contenuto artistico di chiarissima matrice argentina. Non solo dai tempi dell’altro Diego, Maradona, grande amico del papà di Perotti, ma da prima: pensate che già ai Mondiali del 1930 risultano tracce di quel piede malizioso incrociato dietro all’altra gamba con lo scopo di sorprendere il difensore attraverso un tiro (o un cross) più rapido del solito. Ispanico è intanto l’etimo: rabona deriva dal termine spagnolo “rabo”, che è la coda degli animali. In effetti la figura tecnica assomiglia a una coda attorcigliata. Argentino poi è stato il primo marcatore che la storia del calcio ricordi attraverso la rabona: nel 1948 Ricardo Infante dell’Estudiantes segnò in questo modo, dalla lunga distanza, in una partita contro il Rosario Central.
DIFFUSIONE – Lo spirito di imitazione, la playstation che torna playground, si è diffusa anche in tempi recenti, a tanti livelli. Il gol a rabona è una perla rara ma non appartiene necessariamente ai fuoriclasse. Prendete Gerardo Masini, ad esempio. Argentino, chiaro. Ma italiano d’adozione. Attaccante, ha corso in tanti campi di provincia al confine del professionismo, raggiungendo al massimo la Serie C1 con la Salernitana, «e vincemmo il campionato», ma può soprattutto raccontare un gol memorabile che ancora gira su YouTube: campionato di serie D, sul neutro di Pescara, stagione 2011/12. Masini giocava nel Teramo e affrontava il San Nicolò. E’ partito dalla trequarti, ha saltato tre avversari, ci ha provato, è andata: «E’ stato istinto. Quel tipo di gol ti viene solo se eviti di pensare. Anzi è evidente: se ragioni, sbagli di sicuro e magari ti fai anche male. Per noi argentini la rabona è una giocata naturale, non so perché venga spontanea. Ma non è soltanto un discorso di tecnica. Devi essere predisposto sul piano fisico, anatomico: conosco calciatori anche molto bravi che non riescono a coordinarsi in una rabona ben eseguita». Per lui non è stato nemmeno un episodio: «In pochi lo sanno ma così ho segnato anche in un campionato di Eccellenza abruzzese, con il Canistro, una squadra che non esiste più. E mi è capitato anche dopo di tentare. Purtroppo senza successo». Oggi, a 34 anni, Masini cerca spazio nel Poggibonsi, sempre in Serie D. «Nel calcio contano tanti elementi – ammette – io forse non sono mai stato abbastanza maturo per fare il salto di qualità e raggiungere le categorie principali».
ESTETI – Carriera sicuramente più felice hanno fatto i connazionali Lamela e Di Maria, tutti e due nazionali argentini e tutti e due con una rabona-gol nel curriculum. Lamela, che è stato un numero 8 della Roma prima di Perotti, lo ha segnato nella stagione 2013/14, dunque con la maglia del Tottenham, in una partita di Europa League contro i greci dell’Asteras Tripolis, addirittura da fuori area. Nelle immagini si vede un suo compagno che, quando la palla entra, si mette le mani nei capelli per lo stupore. Di Maria invece l’ha creato ai tempi del Benfica, nel 2009, ancora contro una vittima greca, l’Aek Atene, ripetendo il gesto in allenamento, con una rabona-gol da calcio d’angolo. Nella lista merita poi una menzione Jonathan Calleri, attaccante del Boca, a segno contro il Quilmes l’anno scorso.
RESTO – Non solo Argentina però. Sono riusciti in imprese simili anche attori conclamati come Marcio Amoroso, ex “italiano” al Borussia Dortmund, e mestieranti come Sean Geddes, gallese semipro del Worchester. La rabona è una magia democratica.