La Gazzetta dello Sport (S. Vernazza) – Guardare alla partita d’andata non ha senso. Napoli-Roma del 13 dicembre finì 0-0 perché Rudi Garcia, ancora allenatore giallorosso, si travestì da Castori e ai suoi fece indossare abiti in stile Carpi: possesso palla 60 a 40 a favore della squadra di Sarri, per i romanisti zero tiri nello specchio e baricentro medio molto basso a 42 metri. Prestazione all’insegna del più sfrenato «italianismo», devota al dio risultato. Un girone più tardi tante situazioni sono cambiate, in particolare il tecnico: adesso sulla panchina della Roma siede Luciano Spalletti, per cui oggi ci aspettiamo qualcosa di diverso. Per la Roma ultima occasione in chiave secondo posto e con l’Inter quarta a meno quattro, a distanza di relativa sicurezza, vale la pena di giocarsi la «fiche» senza eccessivi pensieri.
L’UOMO CHE SPARIGLIA – Spalletti sembra intenzionato a calare un’altra volta la carta del trasformismo di Perotti, un po’ centravanti e un po’ trequartista, in oscillazione continua di ruoli: otto di maglia, falso nove, vero dieci, di preferenza undici. Perché l’argentino, gran crossatore come dimostrano i 46 cross in 12 presenze, ama svariare dal centro a sinistra. La mappa dei tocchi per zona dice che sulla fascia mancina Perotti lavora il maggior numero di palloni. Se è in giornata di genio, col suo movimentismo può diventare immarcabile. L’onere di disinnescare gli svolazzi di Diego toccherà in particolare ad Allan, sentinella del centro-destra napoletano e califfo dei recuperi: fin qui 178 palloni sottratti agli avversari, un’enormità. Arrivato a fine gennaio, Perotti è entrato subito nei meccanismi della nuova Roma spallettiana e non ne è più uscito. In campionato Spalletti lo ha schierato titolare 11 volte su 12. Grimaldello tecnico per la sua abilità nell’uno contro uno, creatore naturale di superiorità numerica, Perotti tra le linee rappresenta una chiave tattica, perché con lui il sistema è mascherato, si può passare in un amen da un attacco 1-2 a un tridente puro. Unica controindicazione l’assenza di un pilone centrale. Se Dzeko non partirà dall’inizio, anche gli altri due – El Shaarawy e Salah – saranno attaccanti incursionisti.
APERTURA ALARE – Oggi è il 25 aprile, festa della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo. Senza mancare di rispetto ai martiri per la libertà, si può dire che oggi sia pure il giorno della liberazione di Higuain dalla squalifica per lo sclero di Udine. Argentino come Perotti, il Pipita rappresenta però l’icona del vero nove, del centravanti come uno se lo immagina, e i trenta gol fin qui segnati ne sono la miglior prova. Il tridente del Napoli non si presta a equivoci o dissimulazioni, è tutto molto chiaro. Higuain al centro, Callejon e Insigne ai suoi fianchi. Sarri ama l’ampiezza, a tratti nel suo gioco si rivedono schegge dell’Ajax Anni Novanta di Van Gaal, che teneva Finidi George e Overmars a cavalcioni delle linee laterali. Il Napoli di Sarri è più largo della Roma di Spalletti, più di tre metri di larghezza media, 51 contro 47 e 7, dato quest’ultimo relativo al solo ritorno, visto che il nuovo tecnico romanista si è insediato proprio alla prima del girone discendente. La Roma sulle fasce va spedita grazie a El Shaarawy, a Salah e allo stesso Perotti, così sulle corsie potrebbero crearsi le condizioni per sbloccare lo zero a zero, ma Spalletti dovrà in qualche modo colmare i tre metri di gap d’apertura alare: a dirlo sembrano pochi, però tre metri nel calcio possono marcare differenze. Potenziale lato debole romanista sembra essere Florenzi, adattato con alterni esiti al ruolo di terzino destro.
CONCLUSIONI – Ci aspettiamo una partita aperta, diretta, senza attendismi. Il Napoli ha dalla sua il fattore tempo. Da più tempo Sarri l’allena e la squadra ha assimilato a fondo i principi di gioco di chi la dirige. Un dato lo conferma: il Napoli è compatto, la lunghezza media della squadra è corta, a 34 metri e mezzo. Sotto tale aspetto la Roma di Spalletti è più indietro, lunghezza a 36 metri e mezzo. Altri centimetri di diversità che potrebbero riverberarsi sul risultato. Più largo e più compatto il Napoli, e però le due formazioni si somigliano, giocano football che hanno punti di contatto, al di là di sistemi affini. I due allenatori vengono dalla stessa scuola, un mix di artigianato toscano e di idee «rubate» in giro per il mondo e rielaborate nelle rispettive botteghe. Forse ci sbagliamo, ma su una cosa ci sentiamo di scommettere: difficile che oggi finisca senza reti come all’andata.