Perestrojka

AS Roma Match Program (T.Riccardi) – 30 squadre dell’ex blocco sovietico dell’URSS affrontate in quasi 91 anni di storia della Roma. 30, compreso lo Shakhtar Donetsk già incrociato in quattro occasioni nel 2006 e nel 2011. 78 partite giocate con 35 vittorie, 17 pareggi e 26 sconfitte. La doppia sfida agli ucraini degli ottavi di finale della Champions League 2017-2018 porterà questo particolare conteggio romanista a 80. 80 – cifra tonda – le partite contro formazioni localizzate nei territori dell’est dove fino agli inizi degli Anni 90 vigeva il regime comunista. Tante storie diverse e difficile da raccontarle tutte. Vittorie, sconfitte, pareggi. Soddisfazioni, ma pure enormi delusioni. D’altronde, 78 gare su 302 nelle coppe rappresentano il 25% della storia europea della Roma.

AZERBAIJAN E BIELORUSSIA – Due nazioni visitate in tempi recenti. Una male e l’altra bene. Male in Bielorussia, bene in Azerbaijan. Nel 2015 la Roma di Garcia perde clamorosamente 3-2 in casa del Bate Borisov, formazione bielorussa, nella seconda gara del girone eliminatorio. Risultato inaspettato, ma non pregiudica i conti finali per il passaggio agli ottavi di finale. In Azerbaijan, invece, la squadra di Di Francesco vince 2-1 sul Qarabag grazie a Manolas e Dzeko. Anche in questo caso si tratta del primo raggruppamento, quello che la Roma passerà da prima con Atletico Madrid e Chelsea.

BULGARIAAnno 1975, Coppa UEFA. È la prima volta della Roma nelle competizioni organizzate dal massimo organo calcistico europeo. I giallorossi affrontano i bulgari del Dunav Ruse nel primo turno. La rete numero uno dei giallorossi nei contesti UEFA la realizza Stefano Pellegrini. Il turno lo passa la Roma, vincendo 2-0 in casa e perdendo 0-1 in Bulgaria. Importante come tutte le partite della Roma, ma memorabile soprattutto per essere la prima apparizione nelle coppe della UEFA.

EX CECOSLOVACCHIA – Quarti di finale di Coppa UEFA 1995-1996 contro lo Slavia Praga di Poborski e Smicer. Lo Slavia era già rappresentate della Repubblica Ceca, la Cecoslovacchia dell’URSS non esisteva già dal 1992. La Roma di Mazzone perde all’andata 2-0, poi al ritorno ribalta il risultato ma non abbastanza per qualificarsi. Finisce 3-1, con enormi rimpianti. I giallorossi si portano sul 3-0 con doppietta di Moriero e gol di Giannini, ci pensa Vavra nei minuti finali dei tempi supplementari a gelare un Olimpico pieno in ogni ordine di posto.

EX JUGOSLAVIA – 26 ottobre 1988, sedicesimi di finale di andata di Coppa UEFA: Partizan Belgrado-Roma. Si gioca a Belgrado, “Stadion Partizana”. Le tifoserie slave è noto, sono particolarmente passionali e rumorose. Ma in questa occasione si esagera. Prima, durante e dopo la gara le tribune e le curve dell’impianto sono incandescenti. Caldissime. Tanto calde da prendere fuoco. Succede al ventesimo di gioco, divampa un incendio nel sottopassaggio vicino al settore ospiti occupato dai romanisti. Panico, l’arbitro rimanda i ventidue in campo negli spogliatoi per un quarto d’ora. Non c’è dolo nelle fiamme accese, ma non è un episodio normale. Così come quello occorso a Giannini a due minuti dallo scadere: un oggetto piccolo – un accendino – colpisce il capitano. Si pensa ad uno 0-3 a tavolino (sul terreno di gioco si conclude 4-2), ma non sarà così. La Roma ribalterà al ritorno con le sue forze superando gli slavi 2-0.

GERMANIA EST – Non si può definire una delusione l’eliminazione a opera del Carl Zeiss Jena – Germania dell’Est – nei sedicesimi di finale di Coppa delle Coppe del 1980. Roberto Scarnecchia, in un’intervista su un match program del 2017, raccontò con queste parole quella serata particolare. La squadra di Liedholm all’andata aveva vinto 3-0, ipotecando di fatto il passaggio del turno. E invece no. 4-0 al ritorno per il Carl Zeiss. Scarnecchia giocò, venendo poi espulso. “Si è parlato tanto di quella partita nel corso degli anni, diciamo che le prestazioni dei giocatori del Carl Zeiss Jena non furono propriamente normali. Si vedeva a occhio nudo che qualcosa non andava, gli usciva la bava dalla bocca (…)”.

POLONIA – Coppa delle Coppe 1969-1970, semifinali. La Roma pesca i polacchi del Gornik Zabrze. È la Roma di Ginulfi, Capello, Peirò e Herrera allenatore. Equilibrio sostanziale in campo. La prima sfida nella Capitale finisce 1-1, il ritorno in Polonia 2-2 dopo i tempi supplementari. Quest’ultimo è un incontro drammatico, con un’altalena di emozioni incredibili. Al 119’ un bolide di Scaratti porta la Roma sul pareggio finale quando i sostenitori locali già festeggiavano l’impresa. Il regolamento è chiaro: nei tempi supplementari i gol segnati in trasferta non hanno doppia validità. Si va alla “bella”. Ovvero, per decidere la finalista è necessario lo spareggio in campo neutro, a Strasburgo. Parità anche qui al termine dei 120 minuti, 1-1. Le reti di Lubanski e Capello non bastano. Serve il sorteggio con la monetina. Qui la fortuna non è dalla parte della Roma. Passa il Gornik, è una delle delusioni europee più grandi.

ROMANIA – La Roma ci ha giocato tre volte, in Romania. Una volta a Bucarest (1984) e due volte a Cluj (2008 e 2010). Non ci ha mai perso lì, in quella nazione, ottenendo un pareggio e due vittorie. I successi arrivano entrambi sul terreno di gioco del Cluj. La particolarità è più che altro storico-geografica-letteraria. Cluj è la città più importante della Transilvania, la regione del Conte Dracula. Lui, l’inquietante vampiro raccontato nell’omonimo romanzo di Bram Stoker.

RUSSIA – Il 18 settembre 1991, la Roma gioca a Mosca contro il CSKA l’andata dei sedicesimi di finale di Coppa delle Coppe. Nel giorno della partita accade qualcosa di imprevisto: il futuro presidente della federazione russa viene colpito da un infarto. Si tratta di Boris Eltsin. Il malore non mette in pericolo la vita del politico, ma in qualche modo l’atmosfera allo stadio nel giorno della partita è particolare. Vince la Roma di Ottavio Bianchi, vince 2-1 con un’autorete di Fokin e un gol di Rizzitelli. È una vittoria che ha un sapore storico: un club italiano torna a vincere in territorio russo dal 1973 dopo il Milan contro lo Spartak. Ma resta anche l’ultima partita di una formazione di Serie A in Unione Sovietica: due mesi dopo sarebbe cambiato il mondo e la grande URSS si sarebbe sciolta in tanti stati indipendenti.

UCRAINA – Il 23 novembre 2004 la Roma va a giocare a Kiev contro la Dinamo la penultima partita di un girone di Champions League in cui – in 6 partite – totalizzerà solo un punto. Il match dice poco sotto il profilo sportivo, vincono i padroni di casa 2-0 di fatto condannando i capitolini all’eliminazione. Ma quel giorno il clima allo stadio è particolare. L’Ucraina sembra sull’orlo di una rivoluzione per via di alcuni brogli elettorali. Il popolo ucraino scende in piazza per manifestare in tutti i modi possibili, anche quelli più energici. Il Messaggero nella cronaca del giorno dopo racconta così l’atmosfera surreale sugli spalti e intorno all’Olimpiyskyi Stadium: “(…) Almeno tremila agenti schierati fuori dei cancelli. E quel plotone di cento uomini dell’esercito in curva, nel primo tempo alle spalle del portiere giallorosso Pelizzoli, che ogni tanto si gira. Ha la calzamaglia, vede tanta neve. Non è ancora Natale. L’assetto degli uomini in divisa, immobili e attenti, fa un certo effetto: è come se il Governo si aspetti una sorta di guerra civile. La Roma si adegua al clima. (…) In campo, a fine giornata, si materializza il quarto kappaò di fila e l’addio all’Europa”.

UNGHERIA – 22 giugno 1935, ritorno degli ottavi di finale di Coppa dell’Europa Centrale. Roma-Ferencvaros. All’andata la Roma vince 3-1 e crede di aver ipotecato il passaggio del turno. Ma non basta. In Ungheria finisce 8-0 per il Ferencvaros. 8-0 con quattro gol di Sarosi, uno che una ventina di anni dopo sarebbe diventato un allenatore giallorosso. 8-0 è la sconfitta europea più ampia mai subita dalla Roma. Storica per le statistiche, ma da dimenticare.

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