Peres: “Con Cairo patto per andare via. Alla Roma solo con un blitz”

Tuttosport (S.Carina) – C’è un detto in Brasile, che recita più o meno così: “Os paulistas sabem viver, o resto do mundo vive sem samber“. Tradotto: “Gli abitanti di San Paolo sanno vivere, il resto del mondo vive senza saperlo”. Basta vedere Bruno Peres, pauilista doc, con un pallone tra i piedi, per rendersi contro di come questo proverbio abbia fatto centro. Il numero 13 giallorosso gioca come vive. Ossia, con il sorriso sulle labbra che difficilmente lo abbandona. Anche fuori dal campo.

Da Torino a Roma, due realtà completamente diverse…
Tra le due, quella che somiglia più a San Paolo è certamente Roma. E’ un po’ caotica, c’è il traffico, qualche buca di troppo nelle strade ma la gente è calda, mi piace. I romani sono simili ai brasiliani. Certo, uscire non è facilissimo, è una piazza diversa da Torino dove comunque mi sono trovato benissimo.

E dove con quella rete coast to coast alla Juventus è diventato, sponda granata, un eroe…
E’ stato il gol più bello della mia carriera. Ogni volta che lo rivedo fatico a crederci. Sono partito palla al piede, ho saltato Pogba, Evra e Vidal. Mentre correvo ho capito che potevo arrivare fino in fondo e mi son detto, “quasi, quasi ci provo”. Dopo 70 metri ero in apnea, la lucidità mi mancava… Ma ho comunque trovato questo gran tiro, incredibile.

Perché a Roma ancora non si è visto il Bruno Peres granata?
A volte anche io me lo chiedo. Sono il primo a sapere che ho ancora tanto da dare. Qui è più difficile, c’è più pressione. Spalletti mi sta aiutando molto e presto credo che tornerò il Bruno di Torino.

Il campionato è chiuso?
No, ci sono ancora tante partite. E’ difficile ma non impossibile. Noi stiamo crescendo.

Il Villarreal ne sa qualcosa?
In effetti abbiamo fatto una grande partita.

Tornando per un attimo alla Juventus: in cambio di un altro gol ai bianconeri, a cosa sarebbe disposto a rinunciare?
Non mango il churrasco per un anno. Non è una cosa semplice per un brasiliano, lo scriva. Sarebbe una grande rinuncia (ride, ndc).

In Italia lei è stato allenato da Ventura e Spalletti…
Due grandissimi allenatori. Ventura mi ha insegnato tanto, facendomi capire cosa sia il calcio italiano, soprattutto a livello tattico. Con Spalletti ho ancora tanto da fare e imparare. Mi fa vedere tante cose, è sempre lì a farmi capire che non devo mollare. E’ un maestro di calcio.

Roma-Torino è anche il confronto tra Dzeko e Belotti…
Sono simili, anche se potrebbero giocare insieme. Edin è più maturo, ha più esperienza, sta poi attraversando un ottimo momento e in campo dà la sensazione di voler dare ancora di più. Andrea è un grande attaccante ma è ancora giovane. Diventerà fortissimo.

Ci racconta il suo trasferimento alla Roma? E’ vero che anche nel 2015 poteva vestire giallorosso?
Confermo. Sembrava tutto fatto ma alla fine la trattativa non si concluse. Stavolta è nato tutto all’improvviso, non sapevo nulla. Bernardo, il mio procuratore, continuava a dirmi di allenarmi bene, che al momento giusto avrei saputo. E così, l’ultimo giorno del ritiro con il Torino mi dice: “Stai attento che domani succede qualcosa”. Io vado a dormire e la mattina dopo mi trovo 50 telefonate perse sul cellulare. Mi sono messo anche paura. Mi sono detto, chi è morto? Lo chiamo e lui mi fa: “Louco (matto, ndc) vestiti e vai all’aeroporto, ti aspettano a Roma per firmare il contratto”. Non volevo crederci.

Allora non è vero che lei avrebbe fatto pressione, arrivando anche in ritardo in ritiro, per di agevolare la sua cessione alla Roma…
Tutte bugie. Basta ascoltare o rileggere le parole di Mihajlovic di quei giorni. Potete chiederlo a lui.

La trattativa con la Roma è nata dunque dopo?
Si, anche perché c’era una promessa di parte del Torino. Dopo che ho rinnovato il presidente Cairo mi disse: “Come abbiamo fatto con Darmian, ci comporteremo con te”. Ossia, se fosse arrivato qualcosa di buono per me, sarebbe stato preso in considerazione. Non sono io che ho chiesto di andarmene, è semplicemente arrivata questa opportunità. E’ chiaro che quando l’ho saputo, sono stato felice. Al Torino sono stato benissimo, ringrazio tutto, ma la Roma era una possibilità di crescita professionale che non potevo lasciarmi sfuggire.

Il compagno di squadra granata che le manca di più?
A Torino stavo sempre con Amauri e Martinez. Amauri è stato come un papà, un fratello maggiore. Formavamo la Banda (ride, ndc). Io, Martinez, Amauri, Maxi Lopez, Avelar, Gaston Silva e Jansson. Ci siamo divertiti tanto…

A Roma ha legato con qualcuno in particolare?
Con Emerson e Gerson. Poi c’è Alisson ma ultimamente si sono aggregati anche Mario Rui, Juan Jesus e Rudiger.

Nel salutarla, ha la possibilità di scommettere sulla vittoria della Roma in una competizione. Su quale scommette?
Su tutte e tre. Non lasciamo per strada nulla.

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