Il Messaggero (G. Lengua) – Una serata da dimenticare. Nel suo stadio, nella sua città. Peggio non poteva andare per Lorenzo Pellegrini. Quella di giovedì doveva essere la notte per rinascere e lasciarsi alle spalle le delusioni degli ultimi mesi nella Roma. Ma ha dovuto salutare la Nazionale per via dell’espulsione che porterà alla squalifica. E allora Luciano Spalletti lo ha sostituito con Nicolò Zaniolo in vista dell’impegno contro Israele di lunedì. Nella sua Trigoria proverà a ritrovare un po’ di serenità, magari ripartendo dalle prestazioni contro Elfsborg e Monza dove aveva dato segnali di ripresa. Nel suo Olimpico avrebbe voluto certificare la risalita e, invece, nulla è andato come previsto. Uno stadio in cui un tempo si sentiva a casa, adesso è diventato quasi ostile. O comunque lo mette in difficoltà, probabilmente per via dei fischi e dei mormorii che si sentono quando tocca palla. Un condizionamento inconscio che fuori casa è meno evidente.
La vera sfida per la ripresa contro l’Inter sarà non sentire quella pressione, provando a diventare l’uomo della svolta in un momento così delicato. D’altronde, essere capitano vuol dire anche non abbattersi nei momenti più duri, trasferendo a tutti la forza di rialzarsi. Come facevano Totti e De Rossi, due capitani riconosciuti dal pubblico. Forse, Lorenzo paga il confronto con loro. Inoltre, non viene identificato come capitano leader e carismatico per via del suo carattere riservato e poco espansivo. C’è poi il capitolo infortuni, ne è spesso stato vittima, ma li ha affrontanti senza dargli importanza. Spesso ha giocato con affaticamenti muscolari che hanno inciso sul suo rendimento. E poi l’equivoco della posizione, da trequartista a mezzala fino a centrocampista centrale. Posizioni delicatissime dove un errore può fare la differenza.
Come è successo contro il Belgio quando Bastoni gli ha dato una palla sporca in verticale e difficilmente gestibile. Lui si è sentito in dovere di recuperare e non perderla, commettendo un gesto di frustrazione che è gli è costato un’espulsione. Dunque, il problema non è solamente atletico ma anche mentale. Pellegrini non è il giocatore che reagisce alla disapprovazione, ma ne diventa vittima commettendo così sviste che in altri momenti non ci sarebbero state. Per uscirne, sarà determinante Juric che lo ha già messo al centro del suo progetto. Poi toccherà al pubblico che, però, si convincerà solo quando lo vedrà tornare ai suoi standard.
Foto: [Michael Campanella] via [Getty Images]