La Gazzetta dello Sport – I muscoli del capitano rischiano di non bastare. L’impatto di Lorenzo Pellegrini sul rendimento Roma, nonostante una presenza in campo quasi fissa, non è più quello dell’anno scorso (chiuso dal numero 7 con 14 reti realizzate).
E sono proprio i gol segnati la nota dolente della stagione del ventiseienne: in Serie A non è ancora riuscito a segnare su azione. Le uniche due marcature in campionato sono scaturite da un calcio di rigore – contro Bologna e Sampdoria – mentre delle tre reti in Europa League, soltanto una è arrivata su azione.
Un calo di rendimento che rischia di ridimensionare la capacità del trequartista di incidere sui risultati della squadra dove, durante il primo anno con Mourinho in panchina, si era calato nei panni di secondo uomo più decisivo (secondo solo ad Abraham). Una crisi generale che non coinvolge soltanto il calciatore più rappresentativo della Roma, ma riguarda il reparto offensivo e non solo.
Arrivati alla quinta giornata del girone di ritorno, i gol totalizzati dagli uomini dello Special One sono appena 31, con una media di 1,3 reti a partita. Numeri che, se paragonati a quelli delle dirette concorrenti per il quarto posto, rischiano di complicare l’obiettivo qualificazione in Champions.
Per risalire ad un rendimento così povero bisogna tornare indietro addirittura di 11 anni, all’alba dell’era americana con Luis Enrique in panchina e Thomas DiBenedetto come presidente. Dopo 24 giornate infatti, la squadra allenata dall’asturiano aveva realizzato le stesse reti della Roma 2.0 targata José Mourinho.