Il Messaggero (S.Carina) – Semplice, naturale, senza fronzoli. Come è del resto Pellegrini di persona: «Buongiorno. La Roma è in finale». Il messaggio social di Lorenzo al risveglio ieri dall’«impresa epica» (Mourinho dixit) di Leverkusen, è il manifesto della gioia misurata, perché la felicità è inevitabile e sarebbe sbagliato soffocarla. Ma va mitigata perché il risultato è grandioso ma manca ancora l’ultimo step. Quello che trasforma l’impresa nel trionfo.
Pellegrini ne è consapevole come sa che difficilmente a Roma qualcuno nei prossimi anni potrà eguagliarlo. Tirana gli aveva permesso già il sorpasso a due icone giallorosse come Totti e De Rossi, una vita a Roma e nella Roma, ma mai capitani romani vincenti in una competizione europea. E anche facendo un passo indietro, l’indimenticabile Di Bartolomei nell’84 aveva perso all’Olimpico la finale di Coppa dei Campioni contro il Liverpool mentre Giannini mancò l’appuntamento con la storia nel 1991, ko nella doppia finale contro l’Inter. L’unico capitano ad alzare un trofeo europeo prima di Lorenzo è stato Losi nel ’61, indiscussa bandiera giallorossa, ma nato a Soncino in provincia di Cremona.
Ora, al di là di come finirà a Budapest quel ragazzino nato e cresciuto tra Roma Sud e Cinecittà Est, che nella bacheca personale può annoverare già una Conference League, in due anni avrà raggiunto altrettanti finali europee. Sì, proprio lui, il bambino che papà Tonino a 5 anni si portava in curva e che ora quella stessa curva la guarda dal campo, con la fascia al braccio. Guida silenziosa di un gruppo che il capobranco (Mou) ha eletto in tempi non sospetti («Ne avessi tre giocherebbero tutti»).
Lo ha rimarcato anche la Sud, nel momento più difficile di questa stagione. Lorenzo, reduce dal rigore sbagliato contro il Feyenoord, ha il morale sottoterra. Mentre i social lo bersagliano di insulti, uno striscione ripristina la normalità: “Nel bene e nel male un capitano rimane tale”. Della serie: si volta pagina, c’è un presente da vivere e un futuro da conquistare. Pellegrini rinasce. Gli infortuni e le critiche vengono azzerati all’istante. Tre gol nelle successive tre partite in campionato per poi condurre prima la Roma in semifinale e ora in finale. Il capitolo di Budapest è ancora bianco, tutto da scrivere. La storia di Lorenzo no. Capitano diverso, atipico, poco incline all’auto promozione nell’epoca dei selfie e delle storie su Instagram, rimarrà per molto tempo anche unico. Per buona pace degli odiatori di professione.