La Repubblica (P. Torri) – E adesso la parola d’ordine più che rivoluzione è ricostruzione. Che sarà affidata a monsieur Ghisolfi. Serve allestire una Roma che possa puntare senza dover fare il tifo per ripescaggi, a quella Champions League che da troppi anni è costretta a seguire in televisione. Del resto ci sono i fatti ei numeri a sottolineare come sia necessaria una ventata di nuovo in una rosa che nei fatti ha ribadito come la sua dimensione sia da sesto posto. Anche se noi, magari da inguaribili ottimisti, siamo convinti che questa rosa 70 punti nel campionato italiano li potesse fare, come certificato dal girone di ritorno (meno una partita) con Daniele De Rossi in panchina, 34 punti ottenuti in 17 gare, una media perfetta di due a partita, media che avrebbe garantito una qualificazione per la Coppa dalle grandi orecchie.
Sarà una Roma più giovane. C’è un lavoro enorme da fare considerando i due giocatori in scadenza (Rui Patricio e Spinazzola); i sette prestiti da salutare o quasi (Lukaku, Llorente, Kristensen, Azmoun, Huijsen, Renato Sanches, Angelino); le evidenti carenze (sulle fasce e a centrocampo soprattutto); la necessità di migliorare, supportare e ascoltare un reparto scouting che dopo anni di lavoro inutile, sarà chiamato a dare a Ghisolfi e De Rossi quello che chiedono, nel rispetto di un rigore economico ancora necessario.