S’accende la luce Verde, risplende lo scugnizzo Daniele. La Roma passa, s’illumina e ringrazia. In un colpo solo si scrolla di dosso la pareggite, batte il Cagliari 2-1, torna alla vittoria in campionato dopo quasi un mese (l’ultima a Udine) e rimane in zona di galleggiamento fra il sette e il quattro, fra Juventus e Napoli.
In tempi di malinconia spinta, tre punti fuori casa sono pura rigenerazione dello spirito. In tempi di Ibarbi malvestiti, d’ansia e d’infortuni senza controllo, l’idea di aver messo le basi per una settimana tranquilla vale più di una benzodiazepina: «Non siamo stati perfetti, ma mi è piaciuto il modo in cui umilmente abbiamo accettato la parte di chi soffre, senza perdere gli equilibrio o il controllo», ammette Garcia, che non ha visto cali di concentrazione individuali o collettivi. Si è solo indispettito per l’amnesia che ha provocato il gol subito allo scadere (“che rabbia!”). Già con il bagnoschiuma in mano, Astori e Cholevas non sono riusciti a capire che quel ragazzo belga da poco entrato, Mpoku, che a fine partita girava con la maglietta del connazionale Nainggolan, era probabilmente il migliore dei suoi e andava marcato senza bagnoschiuma (50’ st).
È finita 2-1, la Roma, ancora troppo sbilenca per mostrare autorevolezza, ha meritato per la pazienza dimostrata quando era chiaro che anche ieri, con una struttura inedita, molte incognite circa la salute dei soggetti coinvolti (Totti, Pjanic, la non eccelsa condizione di Nainggolan) e un inizio choc di Torosidis contro Avelar, non sarebbe mai potuta tornare regina: non si guarisce in poche ore soprattutto se i malati superano i sani e se le urgenze emotive prevalgono sul bisogno di ricercare la bellezza. Decisivi gli sforzi supplementari di Ljajic e Verde nel primo tempo e il buon approccio alla partita di Paredes nel secondo. Ljajic si muoveva con i tempi giusti senza palla, lo scugnizzo era capace di triplicarsi, fra mansioni d’ala d’altri tempi, attaccante centrale e uomo assist, Paredes segnava il raddoppio (40’ st). Ma a parte il bel duetto del primo vantaggio, Ljajic-Verde-Ljajic, assist a palombella dello scugnizzo di Fuorigrotta (cresciuto nel Pigna Calcio nel mito di Cristiano Ronaldo e Totti, 19 anni il prossimo giugno, arrivato nel 2010 a Trigoria, dove Montella l’ha trasformato da terzino in attaccante) e conclusione di punta sotto la traversa di Adem (38’ pt), non si può dire che sia stata una partita memorabile, di movimenti orchestrali, ritmi inglesi, trovate tattiche. La Roma doveva solo vincere, il Cagliari avrebbe dovuto cercare quantomeno di non perdere. Ci sarebbe forse riuscito se Cop, se quel “benedetto ragazzo là davanti”, come l’ha apostrofato il suo nuovo tecnico, non si fosse divorato il pareggio dopo un indifendibile balletto di Yanga-Mbiwa (33’ st).
Ieri ha vinto la Roma 4, quella dei “dickensiani”, dei ragazzini sbattuti in panchina per mesi e che per mesi non hanno fatto altro che scaldarsi, rimediando spiccioli di minuti (Paredes un po’ di più senza brillare. Con Sanabria per mezz’ora al posto di Totti, sono stati loro, gli Oliver Twist di Trigoria, a trascinare la seconda in classifica più triste del mondo fuori dallo stagno dei pareggi. La Roma di Garcia era un romanzo d’avventura: ogni pagina una trovata, un colpo di scena. Negli ultimi tempi non succedeva più niente: sembrava diventata un romanzo di Fogazzaro. Ripartire da Cagliari, dal recupero di qualche “stella”, dal piacere ritrovato della fatica comune e da Oliver Twist per dimenticare Fogazzaro e tornare quelli di prima. Quelli che stupivano.
La Repubblica – E. Sisti