La Gazzetta dello Sport (D.Stoppini) – Eh, l’Olimpico pieno. Eh, se avessimo lo Juventus Stadium. Eh, campo Testaccio, il tifo, il fattore campo. Tutto bello, tutto affascinante, ma forse tutto tremendamente retorico. È una teoria pure giusta, per carità. Ma resta appesa al nulla, perché per questa Roma non vale. Il vestito è un altro, la pratica dice non è qui che va ricercata la differenza tra la squadra di Spalletti e la Juventus. Non è in un Olimpico che certo pieno non è: la media di presenze reali, al netto degli abbonati ufficialmente conteggiati anche se fisicamente assenti, si attesta intorno ai 22 mila spettatori. Con il Chievo, per dire, i paganti sono stati 6.419. Pochi, sì. Ma che non hanno impedito alla Roma di fare percorso netto all’Olimpico: nove vittorie su nove, 10 a voler contare pure il derby tecnicamente fuori casa. Cosa c’è di più da guadagnare? L’entusiasmo, ok. Ma poi in classifica il massimo è stato già raggiunto. È lontano da Roma che la musica va registrata e il vestito cucito meglio. È in un’andatura lenta che racconta di 11 punti conquistati su 27 disponibili, tendenza da invertire nella ricerca della felicità assoluta.
PARADOSSO STADIUM – A Roma invece il giardino è già verde a sufficienza, anche senza la spinta di chi all’Olimpico non va più per la nota questione ideologica delle barriere. Non serve l’effetto Stadium, per inseguire la Juve. Servirebbe lo Stadium proprio, ma questo è un discorso che vale per la società e le ricadute economiche positive di un impianto di proprietà. Nell’attesa Spalletti ha già imparato a cucinare una cena stellata senza contorno.