Il Corriere dello Sport (S. Picchieri) – «Nella storia del calcioscommesse in Italia hanno trovato i mostri da sbattere in prima pagina: io ho perso il mio lavoro e la mia famiglia. Ma tanto a chi importa?» A parlare è Marco Paoloni, 31 anni, di Civitavecchia. Il suo faccione imbarazzato ha conosciuto la ribalta della cronaca il primo giugno del 2001, con l’arresto a Benevento con cui si è svelata la maxi-inchiesta di calcioscommesse ‘Last bet’: «La Polizia ha bussato alla mia stanza in albergo alle 4 di notte, ero in ritiro per preparare il ritorno dei playoff contro la Juve Stabia. Pensavo di aver fatto qualche sciocchezza in macchina la sera prima con gli amici. Ma quando in Procura mi hanno schedato e preso le impronte, ho capito che si trattava di qualcosa di più grande».
Marco Paoloni è accusato di essersi venduto 12 partite per un’organizzazione che, su vari strati, dall’Italia arriva fino a Singapore. Ma l’accusa più dura è quella di aver somministrato un sedativo ai suoi compagni della Cremonese prima di una partita con la Paganese: il Minias. «Ho vissuto un incubo. Ho passato 17 giorni in carcere, a piangere e non mangiare. Ricordo che nella Fiat Punto della Polizia che mi portava a Cremona, gli agenti mi facevano il lavaggio del cervello: ‘Devi dire che hai messo tu il Minias nell’acqua dei tuoi compagni’. E perché devo dovevo una cosa non vera? Sono convinto che in Procura ancora non abbiano capito cosa sia accaduto quel giorno, non hanno prove contro nessuno e speravano che io ammettessi qualcosa che non c’è stato». Era il 14 novembre del 2010 e la squadra di casa ha proprio Paoloni in porta. Prima, durante e dopo la partita, alcuni giocatori della Cremonese accusano dei malori, ma la gara la vincono lo stesso. Il direttore sportivo Turotti denuncia tutto, dando il via all’inchiesta. Nelle urine dei calciatori ci sono tracce di Lormetazepam, principio attivo delMinias, un potente sedativo. «E che avevo bisogno del farmaco per falsare la partita? Sono un portiere, se voglio ne prendo quanti me ne pare di gol. Ma abbiamo vinto e l’allenatore avversario a fine gara disse che fui il migliore in campo. E poi come ho fatto a mettere le gocce nelle bottigliette d’acqua sigillate tra primo e secondo tempo? Il Pm dice che tenevo il Minias nel guanto? Ma ha presente come è fatto un guanto da portiere?».
Dopo l’arresto di Paoloni, parte una cascata di fermi, anche nomi famosi e i cosiddetti ‘zingari’ Gegic e Ilievski, braccia armate dell’organizzazione di Singapore. «E chi li ha mai conosciuti questi qui? Io avevo contatto solo con Pirani e Erodiani, noti nel giro di chi vuol ‘fare’ partite e nelle scommesse. Ero un giocatore compulsivo, giocavo su tutto: poker online, scommesse su tennis, basket, anche Serie A e Coppe Europee. Ma non mi sono mai venduto una partita, mai! Ho accumulato debiti con Erodiani, che mi faceva giocare senza anticipare soldi. Poi mi è sfuggita di mano la situazione e lui ha cominciato a pressarmi, a voler indietro somme troppo grandi. Allora hanno cominciato a chiedermi di vendere le mie partite e io ho pensato di truccarne 2-3 per cacciarli dalla mia vita. Poi ho preferito millantare, gli davo risultati che speravo che uscissero. Ho finto di aver conoscenze che non avevo, ho fatto nomi che non dovevo, inventando tutto. Ero disperato, sono arrivati a minacciarmi a casa, con mia moglie e mia figlia piccola. Avrei dovuto denunciarli subito, ma non è facile».
Marco Paoloni ora allena per diletto un gruppo di bambini a Civitavecchia, è stato radiato dal mondo del calcio: «La corruzione nel mondo del calcio è una grande piovra, parte dalla testa, come dimostra lo scandalo Fifa. Poi ogni tanto fanno vedere ai media e alla gente di prender posizioni forti di fronte alle scommesse, per esempio, ma solo con i piccoli come me. Mi ricordo alTnas quando dissi:’Ma se a Cremona verrà fuori che si sono sbagliati, perché ora mi squalificate?’. Il giudice mi ha risposto che avrei potuto chiedere un risarcimento alla Figc in tal caso. Intanto ho perso il lavoro, io e altri colleghi minori, come al solito. Nel calcio scommette il 99% dei calciatori, dalle partite a carte al gioco online. A me dava un senso di libertà, non dovevo render conto a nessuno,come mi succedeva a casa. Mia moglie era gelosissima, i calciatori fanno una bella vita, tra soldi, macchine e donne. Lei era morbosa, mi controllava tutti i telefoni, non potevo neanche uscire con i miei amici. Non vivevo sereno e ho cominciato a mentire in tutto. Il gioco è una brutta bestia, a me ha rovinato la vita e ho incontrato brutte persone». Marco Paoloni ha raccolto in un libro tutta la sua storia umana, il percorso di recupero dal vizio del gioco e le sue verità sulla maxi-inchiesta (Over-la scommessa della verità, con Achille Del Giudice, Graus Editore): «Si apre con una poesia che ho dedicato a Giulia, mia figlia. Ora ha 7 anni, un giorno le spiegherò che suo papà non è quel mostro, corrotto e avvelenatore che hanno descritto e che magari proveranno a farle credere».