Il doppio ex della gara, Christian Panucci, ha rilasciato un’intervista a La Gazzetta dello Sport. Queste le sue parole:
Roma che cosa le fa affiorare?
«Avevo 28 anni, era la mia seconda giovinezza e mi è uscita fuori tutta la serietà professionale maturata fra Milan e Real Madrid. Roma significa grandi emozioni, una sensazione particolare che scopri solo se ci vai a giocare. Arrivi all’Olimpico, senti la curva e diventi un lottatore senza paura. Roma è anche dove abito, non per caso».
Quanto le piacerebbe allenare un giorno a Roma o Milano?
«Tornare dove si è giocato è molto bello. Roma, in particolare, sarebbe un sogno per le emozioni vissute. Auguro a Di Francesco di restare tanti anni, ma spero che la vita e il destino prima o poi mi portino lì».
Milan significa Maldini e Roma Totti.
«Mi viene da ridere quando sento dire che Paolo non ha esperienza per fare il dirigente. Il calcio e il Milan sono il suo mondo, ha sulle spalle quasi mille partite e quindi vi chiedo: saprà parlare alla squadra o “vedere” un giocatore? Nel pallone serve gente che ha fatto calcio, perché c’è anche chi ci entra arrivando da un altro mondo. Maldini ha trasmesso a tutti noi i valori del Milan. L’insegnamento più importante che mi ha dato è in questa sua frase: “Il mio avversario più grande sono io stesso”».
Anche Totti non poteva che proseguire alla Roma.
«Lui è un’istituzione. Per i giocatori ha un valore importante, è una figura “pesante” nei rapporti con la squadra e rappresentare il club anche a livello di immagine per lui è un bel ruolo. Ma io me lo ricordo ancora in campo: vedeva dove gli altri non vedevano. Un genio immenso».
Gattuso e Di Francesco che tecnici sono?
«Erano giocatori di quantità che ora sono allenatori con caratteri molto tosti. Hanno idee chiare, fanno giocare bene le loro squadre, tirano fuori il meglio dai giocatori. Eusebio ha già fatto vedere il proprio valore, anche al Sassuolo: per Rino è l’anno in cui dimostrare di essere un tecnico importante».