Dicono che fatali siano stati gli articoli del New York Times e di Bloomberg. Dicono che l’effervescente James “Jim” Pallotta, ma pure il più austero Michael Ruane, una cosa così non se l’aspettassero proprio. Non si attendevano di ricevere una decina di telefonate dagli amici più intimi che avevano letto il nome della Roma su due tra i più importanti organi di informazione al mondo. E dicono anche – lo dicono i bene informati, ma molto bene informati – che Pallotta si sia quindi convinto ad accelerare quella che sarebbe stata la naturale evoluzione delle cose giallorosse.
Dopo essersi preso la Roma, il socio forte della cordata mira al bersaglio grosso. Vuole la presidenza. I tempi? Stretti. Da calendario degli eventi societari, il Cda approverà a fine settembre il progetto di bilancio chiuso al 30 giugno 2012. La presidenza a Pallotta. Era nell’aria, si intuiva, si leggeva da un po’. Ma chi è a contatto con Mr James parla di un virus, uno splendido virus, che lo ha contagiato durante la tournée americana. Il virus dell’amore puro, sincero, per la Roma. Pallotta ha vestito per qualche giorno i panni del patron, del capo supremo, del presidente. E ci si è trovato perfettamente a suo agio. Il ritorno di immagine, il New York Times e Bloomberg che raccontano ai suoi connazionali Zemanlandia, è stata la goccia che fatto traboccare il vaso della passione. A meno che non cambino gli scenari, evento sempre possibile, l’eredità di Thomas DiBenedetto sarà raccolta da Jim, l’italoamericano che vola col jet privato, che ha costruito una fortuna con i mercati finanziari, che fonda il suo patrimonio su un colosso che dice tutto di lui: la Raptor Accelerator. Nomen omen.
Ai tifosi della Roma ha chiesto fiducia. Fiducia, perché la prima stagione è stata discretamente mediocre e perché – e chi lavora con lui lo sa bene – James Pallotta non è un tipo che s’arrende. In dodici mesi di gestione ha creato una società organizzatissima, ha messo su un club dove a ogni settore corrisponde un manager e dove ai romanisti viene riservata un’attenzione speciale. Gli esempi si sprecano: il voucher per i non tesserati, un centro dove il tifoso incontra la Roma, il settore famiglie in abbonamento. Ha affidato la gestione tecnica a Baldini e Sabatini e quella finanziaria a Pannes e Fenucci, lasciando al consigliere Baldissoni il compito di fare da cerniera. E sta seguendo personalmente la questione stadio. L’advisor Cushman & Wakefield ha sottoposto al club una serie di aree.
A Trigoria, e pure nella East Coast, non perdono però di vista l’iter del disegno di legge sugli stadi di proprietà, che consentirebbe di accorciare drasticamente i tempi della burocrazia. Il voto favorevole della VII Commissione Istruzione Pubblica e Beni Culturali sembrava scontato dopo l’ok della Commissione Cultura alla Camera. Invece no, c’è chi vorrebbe far saltare addirittura l’intero progetto. La Commissione Ambiente ha sollevato un conflitto di competenza e lo stesso potrebbe fare la Commissione Lavori Pubblici. C’è chi sostiene che non ci sia bisogno di questa legge. Se la Presidenza del Senato dovesse accogliere le istanze, il ddl potrebbe slittare di chissà quanti mesi. Oppure, peggio, naufragare del tutto.
Il Romanista – Daniele Galli