L’ex allenatore della Roma, Ottavio Bianchi, ha lasciato un intervista ad As Roma Membership in vista della gara contro l’Atalanta.
Queste le parole dell’ex tecnico:
“Oggi non ci sarebbe posto per un tipo co-me me, io lavoravo da solo senza staff, solo pochi uomini, impegnato al 100% nel lavoro tecnico-tattico. Non potrei mai inserirmi nelle dinamiche attua-li”. Da doppio ex ha un occhio di riguardo sulla gara di sabato sera”.
Roma-Atalanta, che gara si aspetta?
“Una sfida tra due protagoniste di questo campionato. Dalla Roma nessuno avrebbe previsto questo gioco e questo entusiasmo. Per l’Atalanta è la stagione dei record per la sua storia. La sconfitta della scorsa settimana però credo sia indi-cativa. Per le cosiddette squadre di provincia le motivazioni contano moltissimo, non vorrei che dopo il traguardo raggiunto sia sopraggiunto un po’ di naturale rilassamento e quindi tutto diventerebbe più facile per la Roma. Non sarà facile portare a casa il risultato se l’Atalanta si presenterà all’Olimpico concentrata. Ma se la Roma vuole raggiungere certi risultati nei prossimi anni, dovrà abbandonare la mentalità di prime linee e riserve, sarà necessaria quindi una turnazione tra chi scende in campo e chi è fuori”.
Un suo giudizio su Colantuono?
“All’Atalanta ha fatto meglio di tutti. È l’allenatore giusto per questa società. In questo campionato è andato a gonfie vele”.
E sulla Roma? ”
A mio parere ha fatto quello che poteva. Forse l’unico neo è stato aver preso consapevolezza della propria forza troppo tardi. Dall’esterno si vede che è stato fatto un gran bel lavoro, mai una polemica, tutto accolto nella massima serenità”.
La Juve ha qualcosa in più?
“È abituata a vincere. Partita dopo partita, giocando bene o meno bene, una vittoria dopo l’altra”.
Le piace Garcia?
“Non lo conoscevo prima, ma è stato molto bravo nel tra-smettere entusiasmo e voglia di fare bene a tutto il gruppo. Oltre che essere un buon tecnico ha una dote determinante nel calcio moderno: è un ottimo comunicatore”.
Quali sono stati i punti di forza di questa squadra?
“Sono stati fatti ottimi inserimenti, infatti c’è una organizzazione difensiva eccellente. All’inizio del campionato era facile: la squadra giocava senza una punta vera e propria, ma con l’inserimento di Florenzi e Gervinho che al bisogno rientravano e coprivano. Ora con Destro qualcosa è cambiato, ma nonostante sia una punta vera, l’organizzazione difensiva non ne ha risentito. È un ulteriore miglioramento, un’evoluzione positiva”.
Siamo a fine stagione, dove andrà rinforzato questo gruppo?
“Non è compito mio. Solo l’allenatore che vede i suoi giocatori tutti i giorni sa punti di forza e e quelli deboli del suo gruppo. Non sta a me dare consigli”.
Facciamo un tuffo nel passato, che ricordi ha dell’esperienza romana?
“Io non volevo venire, fu il presidente Viola a convincermi. Io sapevo bene di non essere adatto all’ambiente della Capitale, era necessario essere buoni comunicatori. Bisognava avere rapporti con persone all’esterno del semplice gruppo dei giocatori, mi riferisco ai dirigenti e i media. Dino Viola mi convinse dicendomi che se ne sarebbe occupato lui, che io dovevo pensare solo al campo”.
I risultati, infatti, arrivarono…
“Sì, sotto la protezione del vero leader, il Presidente, arrivammo in finale di due competizioni, la Coppa UEFA purtroppo persa contro l’Inter e la Coppa Italia vinta contro la Sampdoria campione d’Italia. Sembrava non avessimo fatto nulla di buono, fummo anche criticati per la stagione fallimentare. Se accadesse oggi, che si raggiungessero due finali nella stessa stagione, la piazza esploderebbe di gioia. Era un altro calcio. Dove a Roma contava solo arrivare sopra la Lazio”.
E il suo era davvero un altro calcio?
“Contava tanto il calcio giocato e quasi nulla il contorno. Oggi la comunicazione che gira intorno al calcio rende tutto diverso e più complesso”.
Invece, come andarono le cose a Bergamo negli anni Ottanta?
“Io avevo giocato con la maglia dell’Atalanta e poi andai ad allenare la Triestina in C. Da allenatore ho davvero fatto tutta la gavetta e ne sono orgoglioso. Il presidente dell’Atalanta era ancora Bortolotti, lo stesso che avevo da allenatore, e mi convinse a tornare a Bergamo. Ad inizio stagione cambiammo dieci giocatori e ritornammo velocemente nel calcio che conta”.
Per chiudere, ce la farà la Roma a raggiungere la Juventus?
“Mi fa piacere vedere che non molli… significa che si sta preparando a vincere!”.