La Gazzetta dello Sport – La Roma esulta. Ma che peccato quel no a Osvaldo

Il gol più bello del campionato non vale. Lo segna Osvaldo, con una rovesciata stellare che nemmeno Giggirriva, ma questo è il weekend del guardalinee orbo, e Carrer si issa d’autorità in cima allo speciale podio alla rovescia. Così, il 3-1 che sarebbe andato molto stretto a una Roma bella e scialacquona diventa uno striminzito 2-1, col Lecce che alla fine rischia pure di pareggiare con l’ex Bertolacci vicino alla doppietta.

La Roma vince grazie alle prime reti stagionali di Pjanic e Gago, ma i gol mancati sono almeno dieci, con menzione del disonore per Bojan che in proprio se ne divora almeno tre. Un successo comunque netto e meritato, che issa la Roma per la prima volta al quinto posto assoluto. Lo stretto indispensabile, in vista del calendario prenatalizio: quattro trasferte e l’unica partita in casa contro la Juventus.

Roma numero 13 – Luis Enrique non si smentisce: tredicesima partita tra campionato e coppe e tredicesima Roma. Una diversità che è ormai diventata il marchio di fabbrica del tecnico spagnolo, che fa accomodare il rientrante Totti in panchina per poi regalargli una promettente seconda metà della ripresa, e lancia dall’inizio, prima volta, il tridente che ha sbancato Novara: Lamela, Osvaldo e Bojan, che lì fu match-winner venendo dalla panchina e qui farà disperare i propri tifosi. È confermata anche la metà campo dai piedi buoni Pjanic-Gago-De Rossi con il ruolo di centrale prima in mano all’argentino e poi, dal’1-0 in poi, a De Rossi, mentre in difesa il cambio dei due centrali è dovuto: per Burdisso e Cassetti ci sono Heinze e il sempre titubante Kjaer. Per Juan c’è solo la tribuna.

Lecce schiacciato – Il Lecce deve fare a meno di tre titolari infortunati, Giacomazzi, Mesbah e Di Michele, e di Muriel squalificato. Di Francesco si arrangia con quel che ha, e sembra non rinunciare al suo 4-2-3-1, puntando ben ricambiato sulla voglia da ex di Bertolacci e Corvia e sulla fama di squadra da trasferta, visto che 7 punti su 8 sono stati conquistati fuori (ma 6 a Bologna e Cesena). Ma è pura apparenza: la Roma si insedia nella metà campo ospite e il Lecce si schiaccia subito in un 4-4-1-1 in cui gli esterni Cuadrado e Olivera diventano mediani se non addirittura terzini. Si aprono autentiche autostrade sul fronte sinistro dell’attacco della Roma, dove Cuadrado, male assistito alle sue spalle da uno statico Oddo, viene preso in mezzo da De Rossi e Taddei. Schema fisso e vincente: De Rossi taglia per Taddei, quello arriva sul fondo e rimette nel mezzo. Succede tre volte di seguito, il Lecce non si oppone e alla terza l’inserimento sotto porta di Pjanic è vincente. La gara andrebbe chiusa subito, tale è il divario tra le squadre. Ma quando finalmente si accende Lamela, che per una volta fa il Taddei, l’errore di Bojan a 50 centimetri dalla porta sguarnita è clamoroso e, temiamo, figlio di un tentativo di colpo di tacco inutile e piacione.

Troppa grazia – È solo l’inizio di una lunga serie di gol falliti, molto per sciaguratezza di Bojan e compagni. Buon per la Roma che Gago faccia centro all’inizio della ripresa con un tiro senza pretese che sorprende Julio Sergio. Così, l’immancabile sventatezza difensiva che porta al gol di Bertolacci e, tra un cambio e l’altro col Lecce che prova addirittura il 4-3-3, qualche patema di troppo, non costano nulla alla Roma. Ma molto a Osvaldo, che un gol così se lo sognerà per il resto della vita.

La Gazzetta dello Sport – Ruggiero Palombo

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