Accolto con scetticismo infinito, causa il suo costo da top player nonostante lo scarno palmares riposto nel trolley imbarcato a Barcellona, Daniel Pablo Osvaldo ha impiegato meno di un mese di campionato per zittire i suoi nemici.
E l’ha fatto nella maniera più semplice e meno opinabile che aveva a disposizione, cioè segnando. Due gol nelle ultime due partite che sono valse alla Roma quattro punti. Due reti una in fila all’altra prima al Siena e poi al Parma che hanno fatto cambiare, quasi radicalmente, idea ai suoi detrattori, a quelli che non avevano digerito il fatto che fosse costato tre milioni di euro più di quanto incassato per la partenza di Vucinic. A dire il vero, il primo Osvaldo, cioè quello visto contro il Cagliari o a Milano contro l’Inter, aveva lasciato dietro di sè parecchi dubbi e mille preoccupati interrogativi: un attaccante inguardabile, s’era detto e scritto, nell’analizzare le sue due prove.
Ma – si diceva in quei giorni – è troppo brutto per essere vero e che la sua immensa staticità fosse figlia solo (o soprattutto) di una preparazione atletica ancora parziale. Vero o non vero, sta di fatto che nelle ultime due partite Osvaldo è apparso un altro, al di là dei gol segnati. Merito, soprattutto in riferimento alla partita di Parma, della nuova posizione che Luis Enrique gli ha ritagliato in campo: non più attaccante esterno (e, quindi, fuori ruolo) ma punta centrale (il suo ruolo) davanti a Totti. Uno spostamento di una decina di metri che ha dato risultati importanti. Così dopo che si era parlato di lui soltanto per la civettuola cipolla e l’inedita fascia blu in testa, da un paio di settimane si è (ri)cominciato a parlare di Dani per quello che è riuscito a fare in campo, mitraglia compresa. Di certo, all’italoargetino non è mai mancata la fiducia di Luis tanto è vero che il suo nome figura al terzo posto nella classifica dei più utilizzati nelle quattro gare di campionato (ai tempi dell’Europa League ancora non c’era) con 350’, dieci meno dei due capitani Totti e De Rossi a quota 360.
E’ stato lo steso tecnico asturiano, del resto, a volerlo alla Roma: Luis, vivendo a Barcellona, aveva avuto la possibilità di vederlo in azione ogni settimana con la maglia dell’Espanyol e non ci ha pensato due volte, probabilmente anche su suggerimento di Ivan De la Peña, a chiedere, ottenendolo, di averlo a Roma. E domani all’Olimpico ci sarà l’Atalanta, cioè la squadra che ha fatto esordire Osvaldo in serie A, nell’aprile del 2006: il suo allenatore era Stefano Colantuono, ancora oggi alla guida dei nerazurri. Osvaldo all’Atalanta ha giocato poco, soltanto tre partite riuscendo però a segnare anche una rete. Doppio ex, insomma: ex atalantino e ex bidone. O no? Domani, in un Olimpico ci si annuncia ancora una volta pieno di tifosi (prevendita molto buona, è stato assicurato da Trigoria) Dani punta al tris, con la speranza che anche grazie al suo contributo la Roma possa centrare la prima vittoria casalinga. Intanto, Osvaldo ha già centrato un record: è riuscito a segnare due gol in quattro partite nella stagione d’esordio, come accaduto a Volk (1928-29) e Pruzzo (1978-79).
Titolare in campionato quattro volte su quattro, anche domani dovrebbe partire dal primo minuto in un tridente formato da lui, Totti e uno tra Bojan e Borini. Se giocasse lo spagnolo, sarebbe lo stesso terzetto che ha cominciato contro il Cagliari. Luis sarà costretto a fare a meno di Perrotta e Gago, oltre che di Greco, Okaka e Lamela, e forse Simplicio, mentre non sembrano esserci dubbi sulla presenza di De Rossi, ieri a riposo per un problema alla caviglia. A proposito di caviglie: Lamela su twitter ha scritto che sta meglio e che dopo la sosta per le nazionali potrebbe unirsi definitivamente al gruppo. Ci sono molte probabilità che domani possa rientrare Stekelenburg, poi.
Il Messaggero – Mimmo Ferretti
PER APPROFONDIRE LEGGI ANCHE