La Gazzetta dello Sport (G. Teotino) – Meglio non scambiare fiaschi (verbali) per fischi (sbagliati). Della discussa domenica arbitrale restano più preoccupazioni per le parole dette che per gli errori commessi. Sbagliare si è sempre sbagliato, e si sbaglierà sempre, e purtroppo ci sono situazioni per le quali il Var non potrà venire in soccorso, neppure quando il suo utilizzo sarà meno casuale di adesso. Meno normale è che il migliore arbitro italiano, fino a prova contraria, dimostri sconcertanti lacune nella conoscenza dei regolamenti. È probabile che Orsato, sotto stress, abbia detto la prima cosa che gli è venuta in mente per allentare la tensione con i romanisti.
La spiegazione dell’accaduto fa riflettere sull’opportunità di concedere agli arbitri la possibilità, o addirittura l’obbligo, di raccontare a fine partita le motivazioni delle scelte più controverse. Le decisioni corrette si possono spiegare, ma gli errori no. Ci sono tanti interrogativi senza risposta. Perché il Var non ha richiamato Orsato per mostrargli l’ingresso in area anticipato di Chiellini sul rigore respinto da Szczesny? Perché le sospensioni degli arbitri (e dei Var) non vengono comunicate ufficialmente, ma confermate o smentite attraverso veline (pure elettroniche) girate di soppiatto agli organi d’informazione? Quali sono oggi le indicazioni sul ricorso al Var? Qui il caos è totale.
La necessità di una maggiore trasparenza è acuita dal fatto che l’attuale generazione di arbitri in attività non è di alto livello. Capita. Più efficace delle interviste post-partita, potrebbe essere l’apertura al pubblico delle comunicazioni fra arbitri e Var. Si capirebbe di più e sarebbe un ulteriore elemento di spettacolarizzazione dell’evento partita. Il che di questi tempi non guasta.