Il Messaggero (A.Sorrentino) – C’è la torre eburnea, munifica e inaccessibile. Da oltre un anno eroga denaro a fiumi e nel più perfetto silenzio: siamo quasi a mezzo miliardo, e proseguirà. Peccato che non si concedano, i Friedkin. Versano i soldi ma non ricevono nulla in cambio, né successi, né popolarità. Ma sono una risorsa indiscutibile, devono avere un progetto, una visione. In basso c’è la suburra, ci palpita l’anima del popolo ed è un’altra risorsa unica, basta ascoltare l’Olimpico quando gioca la Roma.
Quarantamila per Roma-Bodo è un’enormità che parla da sola, racconta i romanisti e José Mourinho, che all’inizi recitava da papa ma ora è entrato nei suoi veri panni, per niente talari. E la base lo segue. Non è in discussione, ora, se faccia giocare bene o male la squadra, se sia troppo cattivo con gli epurati, se finora sia stato un valore aggiunto: per la maggior parte dei critici già non lo è stato, ma del resto ha sempre avuto il 90% dei media contro, tutto normale. La questione, ora, è che tra la torre e la suburra vengono calati dei ponti. Non si devono lasciare soli né Mourinho né i tifosi. Urge un lavoro politico della proprietà, nei palazzi, nelle diplomazie. Troppe cose sono accadute in due mesi, tutte avverse, ingiuste o inspiegabili.
Dall’ammonizione di Pellegrini prima del derby, all’ineffabile Orsato di Torino, a Maresca e i suoi rigorini, ora sì e ora no. Da Mourinho espulso con Napoli e multato con il Milan per “Atteggiamento ironico e parole irrispettose“, alla Curva squalificata per cori razzisti, sanzionati con più severità della monetina su Reina a Bergamo. Su certe vicende è doveroso che la Roma intervenga, Mourinho è arrivato fin dove ha potuto, ma ha poco margine ormai. E’ necessario che il club si faccia sentire a palazzo, come entità. Che scenda dalla torre, che si infanghi nella suburra. E’ già un momento delicato: vietato esitare.