(Gazzetta dello Sport – A.Luchetta) La farsa più umiliante del calcio italiano si concluse con una serie di prescrizioni. Il 21 marzo 2004 il derby di Roma venne sospeso per le pressioni delle curve: è morto un bambino, ripetevano i capi ultrà, lo ha travolto una volante della polizia. Tutto falso, tutto inventato, ma a nulla servirono le smentite della Prefettura. Quattro anni dopo scoppiò tutto come una bolla di sapone: prescritti i sette imputati, liberi di tornare allo stadio. Un’allucinazione collettiva, resa credibile dalla frequenza con cui si muore ai margini del nostro calcio. Nel 2007 Gabriele Sandri, tifoso della Lazio, venne ucciso in un autogrill da un agente della Polizia stradale. Il ricordo delle ore successive, con le curve di Roma e Lazio unite nell’assalto ai commissariati della Capitale, deve essere riemerso fra i ricordi di molti funzionari, nelle ore convulse di ieri. Sempre nel 2007, a Catania, l’ispettore Filippo Raciti cadde durante un assalto degli ultrà di casa. Antonino Speziale, condannato per l’omicidio, all’epoca aveva 17 anni.
BILANCIO INFINITO Impossibile stilare un bilancio dagli albori del pallone. La prima vittima di cui si trova traccia è Giuseppe Plaitano, colpito da un proiettile vagante dopo un Salernitana-Potenza del 1963. Sedici anni dopo, durante un derby all’Olimpico, un razzo sparato dalla curva della Roma uccise Gabriele Paparelli. E davvero non c’è fine al delirio. Stefano Furlan (1984) spirò dopo essere stato colpito dalla polizia al termine di un Triestina-Udinese. Vincenzo Spagnolo (1994), genoano, venne ucciso da un tifoso del Milan. Nel 1983 il custode del Massimino di Catania, bersagliato dai tifosi del Perugia, tirò fuori il fucile e uccise Lorenzo Marino. E così via di nome in nome, in una Spoon River che include 4 tifosi della Salernitana morti per un incendio appiccato dagli ultrà; o perfino un tifoso del Milan – Marco Fonghessi – accoltellato dagli ultrà rossoneri perché scambiato per «nemico».
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