Corriere dello Sport (M. Vulpis) – Sarà una corsa contro il tempo, intervallata da aspetti tecnico-sportivi e da appuntamenti più di natura finanziaria. Il rifiuto di James Pallotta all’offerta economica di Dan Friedkin è una vera doccia fredda per i conti giallorossi. La cifra è molto più bassa di quella apparsa per settimane sulla stampa, ma è assolutamente concreta e tangibile. Dan Friedkin, infatti, per acquisire le azioni di proprietà di Pallotta avrebbe pagato 125 milioni di euro al closing e altri 52 milioni di euro entro sei mesi dalla firma. Oltre a ciò si sarebbe impegnato in una iniezione di liquidità pari a 85 milioni entro la fine del 2020.
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Denaro fresco che avrebbe risolto anche l’annosa questione dell’aumento di capitale. Ulteriori 300 milioni sarebbero serviti per la chiusura del prestito obbligazionario. Alla base del fallimento dell’operazione (almeno per il momento) vi è la diversa visione di scenario dei due principali attori. Pallotta è un raider di Borsa, Friedkin un industriale. Il presidente della Roma punta a raggiungere il massimo risultato attraverso la cessione degli asset giallorossi, il magnate texano invece preferisce valutare tutti i rischi e le opportunità di medio-lungo periodo. Arrivando ad un’offerta da 575 milioni che, inevitabilmente, considera gli effetti della recessione internazionale.