Il Giornale (F.Ordine) – Occhio, pazienza e un colpo di fortuna. Il famoso teorema di sacchiana memoria per far strada in Champions League diventa in parte il copione scelto da Di Francesco per tirare fuori la Roma dalla ragnatela ucraina. Fastidiosa, appiccicosa, in qualche snodo irriverente anche. Già perché lo Shakhtar guidato da Paulo Fonseca non organizza le barricate all’antica ma ricorre al palleggio ritmato, disegnato nella propria metà campo, per tenere la Roma lontana dalla porta e a digiuno di occasioni, incapace di organizzare un efficace pressing e perciò d’infilarsi tra le due sentinelle centrali che non sono proprio molto sveglie come dimostra il fallo da ultimo uomo di Ordets nella ripresa. La pazienza è la virtù più volte suggerita dalla panchina con gesti molto comprensibili ai suoi contagiati dalla fretta di chiudere il conto: è cosa buona e giusta invece aspettare il momento e il varco giusti.
L’occhio è quello di Strootman che, chiuso in un vicolo cieco sulla tre-quarti, riesce a liberarsi e a trovare il valico libero per dettare lo scatto di Dzeko nella prateria sconfinata. A quel punto c’è bisogno anche del colpo di fortuna perché il pallone accarezzato dal piede del bosniaco 32enne passa tra le gambe del portiere uscitogli incontro alla disperata e regala alla Roma e al calcio italiano il sigillo decisivo per la qualificazione. È la prima volta dello stesso Dzeko mai giunto in carriera ai quarti di finale della Champions, è la prima volta dopo una vita (ultimo precedente 2006-07 con Milan e Roma) che due formazioni del nostro calcio si piazzano tra le magnifiche otto sorelle d’Europa. Così, nella stagione in cui la Nazionale è fuori dal mondiale, può ricominciare la traversata del deserto grazie appunto alle imprese di Juve e Roma, di Allegri e Di Francesco che pratica un calcio diverso dall’altro ma che adesso brilla sotto il cielo tenero di Roma.