La Repubblica (P. Torri) – È stato come fare un salto indietro di una trentina d’anni. Quando in un derby l’importante era non perdere piuttosto che provare a vincerlo. Meglio accontentarsi della bruttezza di uno zero a zero, nonostante i risulta ti della giornata (Napoli e Bologna sconfitti, Milan e Atalanta fermati da Lecce e Udinese con mille rimpianti delle squadre di casa) erano stati così inaspettati da poter regalare quel pizzico di coraggio che alla Roma sarebbe servito per tornare in corsa per quel quarto (quinto?) posto che vale Champions e decine di milioni di euro.
La Roma ha perso un’occasione, visto che nelle precedenti giornate aveva lasciato per strada troppi punti che in questo momento pesano sulla classifica.
C’era e c’è il bisogno di andare a recuperarli da qualche parte quei punti.
Il derby era l’occasione migliore per dare contorni ottimistici a una risalita che tutto è meno che una passeggiata di salute. Soprattutto alla luce di un calendario che nelle prossime giornate alla squadra di Mou proporrà una serie di sfide molto impegnati vedi (Napoli, Juventus, Atalanta, Bologna, Fiorentina, Milan alla prima del girone di ritorno) alle quali bisognerà aggiungere le due gare di Europa League che la Roma, a Praga, colpevolmente, ha reso più complicate rispetto a quello che potevano essere, ovvero due sgambate del giovedì.
La realtà dice che per i giallorossi i margini di errore si sono ridotti al lumicino. Anche se ci sono aspetti che possono indurre a pensare che quella rincorsa alla Champions che a Trigoria (e al bilancio) manca da troppi anni, sia ancora un obiettivo raggiungibile.
Il primo è che il campionato sta aspettando la Roma.
Ogni squadra ha i suoi problemi: il Napoli tecnico e ambientale, il Milan infortunistico. Ci sono altre squadre in corsa, ma sono tutte li, sarà una corsa a chi sbaglia di meno e la Roma ha il dovere, le qualità, la guida tecnica (si spera), il monte ingaggi per provarci.
Il secondo è la questione recupero degli infortunati. Partendo da Lorenzo Pellegrini, passando per Renato Sanches e finendo con Smalling. Tutti giocatori che in queste prime dodici giornate sono stati più un’assenza che una presenza. In particolare ci piace sottolineare il nome del Capitano e del difensore inglese, due assenze che hanno pesato moltissimo.