L’effettiva proprietà dell’area edificabile da parte di Eurnova spa; i rischi di esondazione della zona che «potendo, non avremmo mai scelto come sede per lo stadio»; l’assegnazione delle cubature come compensazione per le opere d’interesse pubblico soltanto al soggetto proponente, la fattibilità di queste ultime, a partire dal prolungamento della Metro B fino a Tor di Valle.Sono solo alcuni dei nodi – rilevati da opposizione e comitati civici, ma anche da esponenti della maggioranza capitolina – emersi nella riunione congiunta di ieri di tutte le commissioni comunali interessate al progetto: urbanistica, lavori pubblici, mobilità, ambiente e sport, più Pierpaolo Pedetti, presidente della commissione patrimonio. Una riunione convocata per esaminare la delibera sulla dichiarazione d’interesse pubblico per il nuovo stadio della Roma.
IL CONFRONTO «Vogliamo raccogliere gli spunti delle varie parti in causa – spiega il presidente della commissione urbanistica Antonio Stampete (Pd), “arbitro” del dibattito – poi tra martedì e mercoledì ci rivedremo per ulteriori approfondimenti. La delibera non è il Vangelo». Annamaria Cesaretti (Sel), presidente della commissione mobilità, incalza: «O c’è il potenziamento della Roma-Lido e del trasporto nell’area, oppure non si può dare una dichiarazione di interesse pubblico ». Analoga considerazione, rivolta però all’uso da parte dei cittadini degli impianti dello stadio e a nuovi campi nelle periferie, è stata avanzata dalla presidente della commissione sport Svetlana Celli (lista civica per Marino).
LE OPERE Altri temi caldi sono la compensazione urbanistica per le opere pubbliche, prevista dalla delibera, e la qualifica di variante al piano regolatore generale. Sulle cubature di uffici e negozi che comprendono i «grattacieli, di altezza massima di 220 metri» annunciati dall’architetto Lorenzo Busnengo, infatti, Pedetti ha chiesto chiarimenti: «È una variante al piano regolatore o una dichiarazione d’interesse pubblico? Nella delibera noi abbiamo l’area variata dal verde sportivo privato, aumentando le cubature al livello di una centralità metropolitana, senza avere le infrastrutture necessarie. Va precisato quanta volumetria diamo a copertura delle opere pubbliche». E poi, nota, «i costi di queste andrebbero stimate dall’amministrazione, non dal proponente». Per questo Pedetti propone di «aprire un bando, per far fare le opere pubbliche a chi le fa costare di meno». La maggioranza capitolina ribadisce l’esigenza di chiarezza: «Si apre un percorso, per far sì che le decisioni prese siano le più chiare e trasparenti possibili, e siano suffragate da tutti i pareri possibili e immaginabili», sottolinea Dario Nanni (Pd), presidente della commissione lavori Pubblici.
Il Messaggero