“Non si vede la partita e il contesto è difficile”. Così gli americani fanno a pezzi l’Olimpico

La Repubblica (L. D’Albergo) – Era il sogno del sindaco Roberto Gualtieri e di mezzo Pd romano: trattare con Sport e Salute, la partecipata del ministero dell’Economia, per affidare alla Roma un Olimpico ristrutturato, magari senza pista di atletica, facendo contemporaneamente traslocare la Lazio al Flaminio. Non succederà.

I giallorossi alla fine hanno scelto Pietralata. Viene quindi da chiedersi cosa ne sarà dello stadio al Foro Italico. Una domanda per ora senza risposta. Ora, però, si sa per certo perché la Roma ha gentilmente declinato la pista del restauro dell’Olimpico. Il progetto di fattibilità tecnico-economica del nuovo stadio giallorosso lascia intravedere il futuro del vecchio colosso. A tinte fosche. “L’analisi delle attività progettuali si è inizialmente concentrata sulla riqualificazione dell’Olimpico“, si legge nel documento. Ma, per i progettisti della Roma, “la struttura presenta criticità di difficile risoluzione“.

Se non è una pietra tombale, poco ci manca. Il primo nodo, come sanno tutti i tifosi di Roma e Lazio, è quello della mobilità: “L’area è di difficile accesso e inserita in un contesto urbano che risulta compromesso durante gli eventi partita“. Altro guaio, la visibilità: “L’attuale visuale risulta non in linea con la normativa internazionale in alcune zone del catino“. Per non parlare delle dimensioni dei seggiolini: “Dovrebbero essere migliorate in alcune zone del catino, operazione di difficile svolgimento senza una ricostruzione parziale del catino stesso”. Ancora.

Non pare migliorabile l’offerta al tifoso oltre ai 90 minuti (più recupero) delle partite: “La sistemazione attuale non consente l’introduzione di aree a servizio del tifoso per somministrazione di cibi e bevande in spazi di aggregazione“. All’Olimpico, in effetti, oggi si va per il match e davvero poco altro.

 Dove mandare a giocare i giallorossi durante i lavori? E la Lazio? Troppo complicato. Come se non bastasse, c’è anche la difficoltà di immaginare lo stadio aperto 7 giorni su 7 voluto dai Friedkin: “Nei giorni infrasettimanali le funzioni complementari risultano di difficile integrazione nell’area dello stadio attuale”. Addio, allora, all’Olimpico. 

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