Attenzione: si è messa in moto la Roma. Forse tardi per i grandi traguardi (ma chissà…), però la disinvoltura con la quale annichilisce i propositi di risalita del Napoli deve preoccupare perlomeno le squadre in corsa per l’Europa. Quella vista al San Paolo è una formazione che gioca bene, diverte e segna, verticalizzando di più. Spreca anche, perché il rischio sembra un connotato fisiologico della creatura forgiata da Luis Enrique secondo i dettami catalani, lasciando al Napoli occasioni importanti per rientrare in un match cominciato in salita (sfortunata deviazione in… bagher del portiere De Sanctis su un forte cross di Lamela) e rimasto tremendamente difficile. Ma il successo è incontestabile pur tenendo presenti le occasioni create e fallite dagli azzurri: succede spesso che vinca chi spreca meno, quando tutte e due le contendenti si affrontano a viso aperto.
I motivi – Questo exploit giallorosso di fine anno poggia su solide basi: 1) L’intelligente elastico di De Rossi, perfetto nell’impostare da centrocampista per poi arretrare sulla linea di Juan e Heinze determinando l’avanzamento costante dei laterali Rosi e Taddei e quindi depotenziando la consueta spinta dei terzini di Mazzarri; 2) L’eccellente spinta di Lamela nel primo tempo: sul gol ha fortuna, però in altre giocate ha confermato classe e temperamento, incluso un il tiro sul palo che poteva dare il 2-0 già nel primo tempo; 3) I puntuali rientri nel cerchio di centrocampo di Totti, che prendeva palla e poi appoggiava nello spazio gli inserimenti di Osvaldo determinando una situazione di crisi per mediani e difensori avversari; 4) Il puntuale trabocchetto del fuorigioco, in cui i partenopei cadono nove volte, comprese due azioni che erano terminate col pallone in fondo alla rete di Stekelenburg (tocchi finali di Cavani e Mascara) ma a gioco fermato dal guardalinee.
Difficoltà – Il Napoli si ritrova ad affrontare, partendo dallo 0-1, ricordiamolo, una Roma che accetta la sfida a tutto campo e i relativi rischi dei duelli arretrati senza paracadute: tre contro tre. In compenso Luis Enrique si assicura, contro un Mazzarri che poggia le sue fortune sulla capacità di infoltire il centrocampo, una sostanziale supremazia di geometrie e dinamismo laddove sgorga il gioco grazie al movimento senza palla di tutti i suoi uomini, che ormai capiscono cosa pretende il tecnico.
Gli errori – Il Napoli ha pure sfortuna perché è raro vedere un uomo di classe come Hamsik fallire da un metro il più facile dei gol, e Lavezzi coglie un palo a portiere battuto: sarebbe stato l’1-1 e da lì molto poteva cambiare. E appare ancora più nera la serata del Napoli quando al 10′ della ripresa Lavezzi si allunga per deviare un invito di Gargano a due passi dalla linea bianca ma non riesce a toccare in gol procurandosi una lesione al quadricipite destro (oggi gli esami). Senza il suo uomo migliore, il Napoli ha dato tutto quello che poteva dare, rientrando in gara grazie a un diagonale di Hamsik dopo un drastico cambio di modulo (4-4-2).
I meriti – Bisogna però tener conto del fatto che pure nel secondo tempo la Roma non ha mai smesso di insidiare De Sanctis e dopo i due grossolani errori di mira commessi sul finire della prima frazione, Osvaldo si è presentato puntuale al tocco del 2-0 (59′) sfruttando una seconda svista di Campagnaro (che già ha il rimorso di non essere riuscito a fermare Lamela) su un preciso traversone di Totti. Il 3-1 arriva quando il Napoli sta cercando il miracolo nel recupero. Un tiro di Simplicio dal limite, anche questo deviato, precipita gli azzurri nello sconforto. La frenata è evidente: cinque punti in quattro partite laddove De Laurentiis ne chiedeva nove nelle ultime tre. Questa Champions sta portando via il campionato? Il San Paolo se lo chiede angosciato.
La Gazzetta dello Sport – Nicola Cecere