Radja Nainggolan, ex giocatore della Roma dal 2014 al 2018, è stato intervistato da “SPORTWEEK”. Tra gli argomenti trattati anche il suo passato giallorosso. Ecco le sue parole:
Da dove arriva l’energia che trasferisci in partita?
A me non ha regalato niente nessuno Ho avuto un’infanzia difficile, mia madre ha tirato su me e mia sorella da sola. Giocare in una certa maniera è stato uno sfogo e il modo per far capire che non mi accontento mai.
Oggi, dopo la scoperta del tumore al seno che ha colpito tua moglie Claudia, ti sei scoperto più forte?
Io sono sempre lo stesso. È un momento difficile, particolare. Claudia è forte, sta cercando di camuffare al meglio le sue emozioni, sta seguendo le cure alla perfezione, in casa, soprattutto con le bambine, si sforza di essere quella di sempre. Ogni tanto ci sono discussioni perché per una donna la perdita dei capelli è uno dei momenti peggiori durante la malattia. Se sono tornato a Cagliari è anche per lei. Qui ha genitori, le amiche, i luoghi cari. In questo modo riesce ad affrontare meglio la situazione.
A proposito di Cagliari, hai detto: “Sono di nuovo a casa”.
Qui tutto è cominciato, con tutto il rispetto per Piacenza è qui che sono diventato calciatore e uomo. Per me casa è Cagliari, ma potrebbe essere anche Roma: in Serie A ho passato tanti anni solo in queste due società. All’Inter ci sono stato troppo poco per sentirla davvero mia.
Se guardi indietro, ti accorgi che avresti potuto fare di più? Ti ritieni in debito o in credito nei confronti del calcio?
Non ho nessun rammarico o rimpianto. Lavoro a mille, consapevole che qualcosina fuori dal campo l’ho sbagliata. Un calciatore deve sapersi prendere delle responsabilità anche nella vita privata e da questo punto di vista so di essere in difetto, ma fa parte del mio carattere. Però una cosa non potranno mai rinfacciarmi: di non aver dato il massimo nel lavoro. Questa è la soddisfazione più grande.
La tua uscita dal campo in Roma-Cagliari è stata da brividi.
Non mi aspettavo un tributo simile perché la partita era finita 1-1. Se la Roma avesse vinto 3-0 avrei potuto prevederlo, ma dopo un pareggio casalingo con una squadra in teoria inferiore, il tifoso della Roma non è mai indulgente, verso i propri giocatori e quelli nemici, anche se io non sarò mai un nemico della Roma. Avversario sì, nemico mai. Perciò, quel tributo mi ha sorpreso e fatto felice. La gente romanista ha ansia di vincere perché non le riesce da tanto, e in un ambiente così fai in fretta a passare dalle stelle alla stalla. A me il romano piace perché ha sempre la battuta pronta, ti parla come se ti conoscesse da sempre, è molto sciolto. Mi somiglia. Per questo a Roma mi sono trovato così bene.
Qual è la debolezza alla quale non riesci a resistere?
Ogni tanto vado a bere qualcosa con gli amici, ogni tanto vado a ballare, ogni tanto faccio tardi a cena, ogni tanto resto a casa. Vivo alla giornata.
E la cosa alla quale riesci a rinunciare più facilmente?
Se voglio, io rinuncio a tutto. Ma non sarei me stesso.
Il calcio ti piace come il primo giorno?
Quando calpesto l’erba sono felice, mi sento giovane e mi diverto. Fuori mi sono accorto che nei grandi club vedi cose troppo strane.
In che senso?
Altrove ho visto tanta falsità. Dagli spogliatoi escono notizie che non dovrebbero mai uscire. Una volta a Roma ebbi una mezza discussione con Manolas, una cazzata, eppure il giorno dopo era su tutti i giornali. All’Inter uguale. Anche adesso, come fa a venire fuori che nell’intervallo di una partita Lukaku e Brozovic si mettono le mani addosso?
Come avete preparato le vostre figlie?
Se ne sono accorte da sole. Adesso prendono in giro la madre: “Hai i capelli corti come papà”. Capiscono quando lei soffre, e in quei casi bisogna fare qualcosa per distrarle.
Cos’è che fai capire che non hai un carattere facile?
Sono un brontolone, prendo il rischio di fare una cosa che sarebbe meglio che non facessi. Io conosco tutte le regole, so quali sono giuste e le trasferisco alle mie figlie. Il problema è rispettarle, le regole.