Il Corriere della Sera (P.Tomaselli) – Il barometro belga non segna ancora tempesta. Ma nella lunga vigilia della sfida con l’Italia — che di fatto dura dal sorteggio di metà dicembre — molte nuvole sono comparse sulla testa di Marc Wilmots, c.t. sempre molto discusso in patria. Il principale marcatore del Belgio ai Mondiali (5 gol) dice che non firmerebbe per un pareggio domani contro gli azzurri. Ma magari sottoscriverebbe una clausola del silenzio per uno dei suoi giocatori, Radja Nainggolan. Nei giorni scorsi il romanista era uscito allo scoperto: «Ho parlato con Conte. Mi vuole, non so se resto alla Roma». Ieri avrebbe ribadito il concetto, anche se la frase sembra sia di una settimana fa, e si inserisce tra una richiesta di rialzo di ingaggio alla Roma (che non ci sta) e un’invocazione al Chelsea di alzare l’offerta, per portarlo in Premier League. Ai belgi (per nulla contenti anche all’interno della Nazionale dei contatti tra il c.t. avversario e il giocatore che vorrebbe allenare a Londra) il mastino di centrocampo ha tenuto però a sottolineare un altro concetto interessante: «Se sono all’Europeo, lo devo all’Italia, la mia seconda patria. Sono undici anni che sono lì ed è lì che mi vedo a lungo termine con la mia famiglia». Radja in indonesiano vuol dire «Re», ma il ragazzino abbandonato dal padre a 5 anni e rimasto orfano della madre amatissima quando aveva 20 anni, in Belgio ha lasciato due figli da una precedente relazione e non molto altro: «Sono stato sottovalutato e la gente pensava che fossi inferiore ad altri, che invece non hanno sfondato. Ho avuto ragione io. E lo devo in gran parte all’Italia: amo questo Paese perché mi ha dato il rispetto che a lungo mi è mancato in Belgio. Gli italiani mi hanno accettato molto in fretta e non lo dimenticherò mai. Sono persone davvero accoglienti». In campo un po’ meno, magari. Soprattutto gli azzurri-juventini. Quelli delle «tre pere marce» (tweet di Radja dopo la finale di Champions 2015), che lo hanno sempre fatto soffrire. Con e senza Conte.