Il Messaggero (A. Angeloni) – Se ne è andato in vacanza nel silenzio, con l’idea di restare qui; ha smesso di parlare la sera della finale di Budapest, col cuore strozzato di rabbia e con la coppa lasciata al Siviglia. Le ultime parole ascoltabili, oltre a quelle pronunciate in conferenza stampa, gli sono state rubate nel sottopassaggio della Puskas Arena, erano riferite all’arbitro Taylor e gli sono costate una pesante squalifica europea.
Oltre alla squalifica Uefa (quattro giornate), ora in ballo c’è anche la questione Chiffi, una sentenza (del Tribunale Federale Nazionale) che è stata spostata, forse, a oggi: si lavora per il patteggiamento. Si attendono le scuse, che non arriveranno e si pensa a un comunicato di precisazione, quantomeno per evitare (o ridurre al minimo) una squalifica (due giornate) che appare scontata: la frase incriminata dopo Monza-Roma su Chiffi è “arbitro scarso, la Roma come società non ha la forza di dire “questo direttore di gara non lo vogliamo”, come fanno altri”.
Nonostante tutto, Mou c’è e ci sarà con la sua coerenza e per lui questo che sta per cominciare è un anno particolare, di sfida. Basti pensare che solo tre volte, José si è fermato in un club per più di un biennio: Porto, Chelsea e il Real Madrid. A Oporto è arrivato a stagione cominciata e poi nei due anni successivi si è affermato vincendo campionati e coppe europee. Con i blues il tris lo ha anche superato e parliamo della sua prima avventura londinese, cominciata nel 2004 e terminata nel 2007 (due primi posti e un secondo, più due coppe di Lega, una FA Cup e una Community), all’inizio della sua quarta stagione, durata sei partite, fino a risolvere il contratto e finire all’Inter nella stagione successiva. E anche a Milano, come noto è rimasto solo due stagioni.