Corriere della Sera (G. Piacentini) – È finita con le lacrime dei romanisti, in campo e in tribuna, per l’ennesima sconfitta ai calci di rigore della storia della Roma. Un film già visto, un incubo che si è ripetuto a Budapest: decisivi gli errori dagli undici metri di Mancini e Ibanez, non esattamente due rigoristi, dopo che erano usciti dal campo Dybala, Pellegrini, Matic e Abraham, tutti potenziali tiratori.
Ha finito senza forze, la Roma, che ha trascorso dieci minuti dopo la fine della partita a ricongiungersi con i propri tifosi, quasi a chiedere scusa sotto al settore che ancora una volta ha dato una lezione di tifo.
È stata ancora una volta, ma non c’era bisogno di conferme, una dimostrazione di come si sta vicini alla propria squadra anche nella sconfitta, dall’inno prima della partita fino al centoventesimo e oltre. L’abbraccio con Pellegrini, il capitano, e con Gianluca Mancini, rincuorato per l’errore dal dischetto, le mani strette a Belotti, non a caso uno dei più amati dai tifosi, il cerchio davanti alla panchina con lo Special One che ha catechizzato la squadra (“Avete giocato una grande partita, vi ha visti tutta l’Europa, siamo morti perché pensiamo che sia un risultato ingiusto con tanti episodi dubbi. Ma dovete essere orgogliosi“) prima di portarla a ringraziare i tifosi di tutti i settori, compresi quelli del Siviglia che hanno risposto con un grande applauso ai calciatori romanisti, le pacche sulla spalla da parte dell’allenatore giallorosso a Ibanez e Bove, sono una dichiarazione d’amore, chissà se anche un patto per il futuro. Tra i calciatori che hanno avuto bisogno di più consolazione c’è Paulo Dybala, scoppiato in un pianto a dirotto a fine partita. Lacrime di chi ha aspettato da sempre un momento come quello che stava per vivere ieri sera.