Il Messaggero (S. Carina) – L’ascia di guerra, almeno apparentemente, l’ha sotterrata. Inutile quindi andarlo a stuzzicare su quello che rappresenta la rivalità con la Juventus. Mourinho, per una volta, veste i panni del diplomatico: “Non è una sfida che sento più di altre. I fischi dello Stadium? Sono cose che fanno parte dello sport. Per me ogni partita ha la stessa vigilia, la stessa routine. Non cambia niente andare a giocare a Torino, l’ho già fatto tante volte, questa sarà solo una in più”.
Di colpo, il rumore dei nemici si fa più lontano. Quella di questa sera è Juventus-Roma, non Juve-Mou. Così il gesto delle orecchie o del triplete, le frasi ad effetto (“In Italia esiste solo un’area di rigore da 25 metri…”;”Forse contro di loro è meglio far giocare la Primavera”; “Cristante deve stare attento con i cartellini, non è Bonucci”) sulle quali si è costruita una rivalità, che spesso e volentieri ha sconfinato nell’antipatia, si trasformano in un lontano ricordo.
Chissà se il motivo è dovuto al fatto che José annusa il profumo dell’impresa. Perché tale sarebbe considerando che negli ultimi 13 confronti a Torino, la Roma ha perso 12 volte: “Ma ogni partita è a sé – rimarca – è unica. Quello che è accaduto nel passato non ha importanza. Siamo cresciuti e sappiamo quello che vogliamo fare. Affronteremo una grande squadra, che vuole vincere lo scudetto, ma è una delle 38 partite, nulla più. Andiamo lì cercando di vincere“.
Non ha segreti, apparentemente. Spazio a Matic in coppia con Cristante e Pellegrini leggermente più alto ma poi pronto in fase di ripiegamento a regalare densità in mediana. Cambia poco, quindi, se non negli uomini. Probabilmente una Roma più equilibrata ma comunque convinta delle sue possibilità.