La Gazzetta dello Sport (A.Pugliese) – Per un po’ il vero invincibile si è sentito lui, altro che Siviglia. Perché quella di ieri poteva essere la sesta coppa europea su sei finali disputate, uno strike senza precedenti. José Mourinho ci era arrivato davvero ad un soffio, sentiva il vento dalla sua parte, il fatto di non sbagliare mai un colpo nei momenti decisivi. E ieri aveva trovato il modo di ribadirlo, ancora una volta. Portando la Roma quasi in paradiso, provando a regalarle la seconda coppia consecutiva. A Tirana fu Conference, a Budapest stava per arrivare l’Europa League. E alla fine la gioia poteva essere chiaramente immensa, mista a qualche lacrima tipica di quando porti a casa un successo che sembra un’impresa.
Due coppe consecutive, proprio come sognava di poter fare anche a Roma. “Sono orgoglioso e tristissimo. Devo lottare per questi ragazzi e potrei rimanere qui. Siamo stanchi e orgogliosi, l’arbitro sembrava spagnolo” ha detto il tecnico della Roma. A fine partita, Mou si è chiuso in se stesso, pensando anche al suo futuro, dopo due anni in giallorosso. Ha mandato a quel paese Taylor quando l’inglese ha fatto ripetere anche il rigore decisivo di Montiel e ha provato a consolare i suoi ragazzi, stoici nella battaglia, proprio come piace a lui. Anche se poi la decisione per il suo futuro in cuor suo José l’ha già presa, comunicandola prima della partita ai due capitani, Pellegrini e Mancini.
Domenica prossima contro lo Spezia non ci sarà, a causa di quel cartellino giallo preso a Firenze che a molo ti è sembrato un addio anticipato. “Comunque vada io e la Roma saremo legati per sempre”, aveva detto alla vigilia. Già, ma probabilmente sognava anche un finale diverso da quello di ieri sera. Adesso si tratta solo di mettere da parte un po’ tutto, riflettere e capire. Poi sarà proprio lui a comunicare il suo futuro, la prossima sfida, quella che gli si può stagliare davanti e dargli magari la rivincita per questa Europa League persa così in modo beffardo.