Il Messaggero (A.Sorrentino) – Josè Mourinho è un allenatore territoriale. Nella sua filosofia, la costruzione della propria forza passa necessariamente dalle partite in casa, dove una squadra deve erigere il suo fortino, e attraverso quello scudo psicologico farsi grande. Questo è il nostro campo, dice Josè, questo è il nostro stadio e quella è la nostra gente: quindi gli altri non devono passare, non possono vincere nemmeno per sbaglio, soffriranno tanto per evitare la sconfitta. Anche così si edifica l’autostima.
E se oggi gli stadi non sono quei pentoloni fiammeggianti che erano un tempo, per Mourinho il ruggito leonino e l’afflato della folla sono parti indispensabili del programma. Il tutto esaurito contro il Sassuolo e quello probabile contro il CSKA Sofia non potranno che far piacere allo Special One, lui si attende tanta gente e molto vicina ai giocatori, ne ha bisogno. Il suo orgoglio è il curriculum di 25 successi tra campionato e coppe, ma anche l’ingresso nel 2015 nel Guinness dei primati per il suo record di gare senza sconfitte in casa tra il febbraio 2002 e l’aprile 2011.
Oltre 9 anni e 150 partite, tra un Porto-Beira Mar 2-3, lui appena arrivato al Porto, e un Real Madrid-Sporting Gijon 0-1. In mezzo, 125 vittorie e 25 pareggi.