Il Messaggero (S.Carina) – Non ha cambiato idea. Vuole qualcuno vicino che lo affianchi nelle intemerate contro il mondo arbitrale ed esprima la linea politica del club nelle situazioni delicate. Una figura di riferimento anche per la piazza. Un Totti, per intenderci, che non sia per forza Francesco in persona. Di profili ce ne sarebbero diversi: da Boniek a Boban, al quale Mourinho aveva pensato prima che il croato diventasse direttore tecnico e Chief of Football della Uefa. Idee, però, nulla più.
Come quella rilanciata ieri in città legata alla figura dell’ex Capitano che regalerebbe a José un ombrello mediatico. Quello che è stato lui per il club nel primo biennio e che ora non vuole più essere. Il silenzio post Roma-Milan si spiega così. Basta combattere contro i mulini a vento. Basta fare la figura del tecnico che cerca solo alibi per mascherare quello che non va in campo. Meglio il silenzio. Fa più rumore e apre a mille interpretazioni.
Anche se, stavolta, c’è veramente poco da interpretare. Perché da questo punto di vista, José è rimasto alla notte di Budapest. Quando, dopo la beffa targata Taylor, ammise di sentirsi «solo e stanco di fare tutto, di metterci sempre la faccia». Così, alla prima occasione – venerdì scorso contro i rossoneri – ha fatto un passo indietro. Se ne aspetterebbe uno in avanti della proprietà o della dirigenza ma ha capito ormai da tempo che non si può cambiare la natura delle persone.
I Friedkin (a proposito: ieri è stata ufficializzata la nomina di Dan nel comitato esecutivo dell’Eca), non parlano. Non lo hanno fatto il 31 maggio, figuriamoci se potranno scagliarsi un domani per un rigore magari non fischiato contro l’Empoli o il Bologna. Anche il gm Pinto, incarnazione della proprietà americana, quando viene sollecitato sulla questione, come ad esempio ad inizio settimana, non incide. Le sue, sono carezze mediatiche («Io, personalmente, ho un po’ smesso di interrogarmi, non capisco nulla. Non è però una critica a nessuno») rispetto a quello che vorrebbe lo Special.
Del resto, in estate José è stato chiaro: «In Italia mi sono sentito aggredito, qui non mi sento più a mio agio, ho paura di ricevere altre squalifiche appena parlo». Ed è per questo che vorrebbe che ci fosse qualcuno che parlasse per lui. O quantomeno lo affiancasse. Totti, per José, sarebbe l’ideale. Ha appeal, buca lo schermo, sposta gli umori, si porta dietro quella ironia che spiazza anche il più intransigente dei commentatori in tv. Ha tra l’altro un passato da dirigente che lo ha formato, gli ha fatto capire gli errori commessi che non ripeterebbe. Una visione che al momento non ha trovato il via libera dei Friedkin.
La proprietà statunitense, almeno a livello dirigenziale, ha dimostrato in questo triennio di volersi circondare di persone poco inclini ad alzare la voce. Per quello, nella loro ottica, c’è Mou. Nel pacchetto Special è incluso tutto: campo e fuori. Una filosofia che ad oggi non lascia intendere inversioni ad U. Così il rischio che per Francesco il caffè sospeso con la proprietà possa diventare freddo, è dietro l’angolo. Anche perché qualora arrivasse lui o una figura simile, si schiarirebbe con largo anticipo il futuro di José. Al di là del campo, della qualificazione alla prossima Champions, dell’approdo o meno alla terza finale europea consecutiva o della decima coppa Italia.
Regalare a Mourinho un profilo alla Totti o alla Boniek (anche Zibì, oltre al Capitano, ha comunque confermato di non aver mai avuto contatti in tal senso, ndr) vorrebbe dire accontentare il tecnico anche nell’ultimo tassello che manca, preludendo un rinnovo contrattuale. E invece, di questo tema a dir poco delicato, José non ha parlato ancora con nessuno.