Corriere della Sera (G. Piacentini) – È nervoso, José Mourinho. Il tecnico portoghese sa bene che la gara di questa sera al Ferraris contro il Genoa (fischio d’inizio alle 20.45, arbitra Irrati) è già un crocevia importante della stagione giallorossa.
La sconfitta a Venezia prima della sosta ha complicato le cose in casa romanista, le tante assenze (a cui si sono aggiunte in extremis quelle di Cristante e Villar, positivi al Covid-19) anche se vaccinati lo costringeranno a soluzioni fantasiose rispetto a quello che aveva preparato nel corso della settimana.
“Dovremo buttare nella spazzatura – le sue parole – tutto il lavoro fatto. Non c’è alcun dubbio: quello che abbiamo provato e per cui ci siamo allenati è andato perso”. È rimasto sulla difensiva, Mourinho, che comincia a sentire il rumore dei nemici. Prima non ha voluto rispondere (“La prossima“, ha glissato) ad una domanda sul parallelismo tra Roma e Tottenham – e quindi tra lui e Conte – in cui c’era un riferimento sulle parole del d.g. Tiago Pinto e sull’impossibilità per la Roma di costruire un “instant team”. Poi è rimasto gelido anche con chi gli chiedeva del suo rapporto con Shevchenko, neo allenatore del Genoa, ai tempi del Chelsea.
È tornato tra i convocati Smalling, che non partirà titolare ma potrebbe fare staffetta con Kumbulla. Da vedere, però, se la difesa sarà a 3 o 4. “Con tre terzini sinistri tutti fuori, è ovvio che dobbiamo trovare soluzioni. C’è gente che deve fare il sacrificio di adattarsi in un ruolo non suo. Dobbiamo risolvere un puzzle che ci permetta di giocare bene e fare punti”
Sia con il ritorno al 4-2-3-1 che con il 3-4-1-2 ci sarà spazio, oltre che per Pellegrini, recuperato, anche per Zaniolo: “Il suo utilizzo non dipende dal modulo, tutti conoscono le posizioni in cui può giocare”. Finale sul Genoa e sul clima che troverà la Roma: “Sicuramente avranno entusiasmo non solo per Shevchenko ma anche per la nuova proprietà. Sarà un ambiente difficile ma è quello che vogliamo. Avremo sempre tanti nostri tifosi che ci seguono. A volte le difficoltà rendono le squadre più unite: non parlo di aggressività ma di voglia di vincere che non deve mancare mai“.