La Gazzetta dello Sport (M. Cecchini) – Quando si arriva intorno ai sessanta, tre anni di differenza, in fondo, tenderebbero ad attenuarsi. Eppure fra José Mourinho e Stefano Pioli c’è un triplice solco. E la sfida di domani all’Olimpico fra Roma e Milan, in qualche modo, illumina anche le loro differenze.
Inutile nasconderlo: lo Special One è un vincente per antonomasia e i suoi 26 trofei sono lì a dimostrarlo. Le sue vittorie hanno avuto quasi sempre come marchio di fabbrica una fase difensiva estremamente solida. Il che non significa schierare squadre abbottonate, perché i giocatori d’attacco non sono mai mancati. Di sicuro, però, non ha mai inseguito il mito del possesso palla, bensì quello della verticalizzazione rapida.
Paradossalmente, nelle prime due partite stagionali (contro Salernitana e Verona) i giallorossi hanno avuto un grande controllo del gioco, però hanno lasciato sguarnita la retroguardia nei momenti chiave, tanto da subire 4 gol in otto conclusioni verso la propria porta: il 50 per cento. Morale: nessuna squadra nei 5 top tornei in Europa ha subito meno conclusioni, eppure i punti in carniere si fermano a uno. Per questo, contro il tridente rossonero, è possibile che la chiave tattica difensiva siano i raddoppi, mentre toccherà all’attacco mantenere l’equilibrio grazie agli inserimenti dei centrocampisti.
A differenza di Pioli, nella sua carriera Mourinho non ha mai mancato di pungere la dirigenza sia in privato che in pubblico quando le cose non vanno come piace a lui, ed anche a Roma lo ha fatto più volte, soprattutto per quello che riguarda il mercato (gli acquisti che chiede) e gli arbitri (le tutele al vertice). Oggi, però, non succederà, perché ha scelto di non parlare alla vigilia. Non resta che attendere il post-partita.
L’allenatore portoghese è sulfureo, mai amante del basso profilo sempre pronto a dare un titolo che colpisca. da quando è sbarcato sui social, poi, anche i suoi post sono diventati momento di discussione. Anche in questo modo, in fondo, si diventa Special.