Corriere dello Sport (A.De Pauli) – Si autodefinisce un politico frustrato, Ramon Rodriguez Verdejo, classe 1968, più noto come Monchi. Andaluso di San Fernando, provincia di Cadice, il Re Mida dei direttori sportivi spagnoli ha vissuto tutti i suoi dieci anni da portiere professionista a 123 km di distanza, a Siviglia, nel club dove avrebbe messo poi radici, prima da team manager e poi da ds. Una seconda vita nel mondo calcistico iniziata con una laurea in Diritto nel taschino e un club malinconicamente retrocesso in Segunda División. La missione che gli affidano è piuttosto chiara: riportare la squadra della vita prontamente in Liga e, al contempo, valorizzare al massimo i migliori elementi del settore giovanile, insieme ai tanti talenti scoperti per tutti gli angoli del mondo. Detto fatto e, 16 anni dopo, i biancorossi si ritrovano la bacheca arricchita di 5 Europa League, una Supercoppa Uefa, una Supercoppa di Spagna e due Coppe del Re, oltre a 300 milioni in plusvalenze.
I GRANDI COLPI – L’operazione capolavoro rimane quella che portò Dani Alves, arrivato a soli 19 anni per un tozzo di pane dal Bahia e rivenduto, dopo due vecchie Coppe Uefa, una Supercoppa europea e un trofeo dedicato a Sua Maestà, per ben 35 milioni al Barça. Ma la lista, in realtà, è lunghissima, e contempla, tra gli altri, i nomi dei vari Bacca, Gameiro e Krychowiack, solo per citare quelli comprati dai 10 milioni in giù e rivenduti per oltre il triplo del valore. Tra i canterani valorizzati, poi, saltano all’occhio Jesus Navas e Antonio Reyes, ceduti rispettivamente a Manchester City e Arsenal, entrambi per 20 milioni, per non parlare del diciannovenne Sergio Ramos, strappato negli ultimi scampoli del mercato estivo del 2005 dal Real Madrid, che mise sul piatto la bellezza di 27 milioni. Operazione, che a quanto pare, fece versare lacrime di frustrazione a Monchi, che si era adoperato in tutti i modi per trattenere il più che promettente difensore al Sanchez Pizjuan ancora per qualche tempo.
IL METODO MONCHI – Dietro a tanti successi, un’organizzazione capillare e tante, tante ore di lavoro. Il miglior modo per ridurre al massimo, almeno secondo il diretto interessato, la componente sorte a favore della componente programmazione. Si parte, così, da una squadra che contempla 16 scout che operano in due distinte fasi nel corso della stagione. Tra agosto e dicembre l’equipe di Monchi si studia a fondo tutti i campionati, redigendo, con cadenza mensile, un undici ideale di ogni torneo. Si arriva, così, a San Silvestro, con una lista piuttosto ampia, che comprende tra i 350 e i 400 profili distinti. Con lo scoccare dell’anno nuovo si comincia a lavorare di fino. Ogni calciatore viene visionato da 5 o 6 elementi dello staff, che lo studiano in diversi contesti: partite in casa, partite in trasferta, con avversari altamente competitivi, con avversari più che modesti. Una volta ottenuto un quadro più chiaro, arriva il confronto con l’allenatore. Non necessariamente si arriva sempre alla prima scelta, ma la strategia, a guardare l’incredibile ascesa del Siviglia, paga, eccome. Così sono arrivati anche i vari Kanoute, Keita e Federico Fazio, tutta gente che ha lasciato, poi, Siviglia con nuovi trofei e casse ben ricolme.