Ramòn Monchi, direttore sportivo della Roma, ha rilasciato una lunga intervista al quotidiano spagnolo Mundo Deportivo. L’ex Siviglia fa un bilancio della sua prima stagione in giallorosso:
Primo anno a Roma: avete raggiunto i quarti di finale di Champions dopo 10 anni, siete terzi in Serie A e il tutto senza Salah, Rudiger e Paredes.
Dobbiamo essere soddisfatti per quello che abbiamo fatto in Champions, non solo per essere arrivare ai quarti ma anche per essere arrivati primi in un girone difficile davanti a Chelsea e Real Madrid. È stato un anno difficile perché c’è stato un cambio di allenatore e di ds, Francesco Totti si è ritirato e dei giocatori importanti sono partiti. Nel complesso sono soddisfatto, sono sicuro che possiamo fare meglio, ma siamo felici per la crescita del club a livello internazionale. Aver raggiunto i quarti di Champions ci rende soddisfatti.
Perché ha scelto la Roma e non altri club dopo tanti anni al Siviglia?
Fondamentalmente perché il progetto si adattava a me. Continuo a lavorare nello stesso modo in cui lo facevo a Siviglia, in un modo molto personale, e questo mi piace. A Roma mi hanno garantito questa possibilità e sono soddisfatto di aver scelto questa soluzione.
Ci sono differenze tra Roma e Siviglia?
Sì, ci sono. È un campionato, un calcio, un Paese, una cultura diversa. Alcune regole e alcune abitudini sono diverse, ma di base il mio lavoro è uguale con la fiducia della proprietà e l’autonomia che ho per svilupparlo.
Quante partite vede ogni settimana?
Molte, non saprei dire quante. A volte vedo anche dei video preparati dalla mia squadra.
Anche dal vivo?
Meno di quelle che mi piacerebbe vedere perché ho altri compiti da svolgere, come essere in contatto con i calciatori, stargli vicino e viaggiare con la squadra. Però quando posso lo faccio perché vedere partite di calcio dal vivo è l’essenza del mio lavoro.
Il Barcellona l’ha mai tentata mentre era a Siviglia?
È la domanda che più mi hanno fatto e dico sempre la verità. Non ho mai avuto contatti col Barcellona. In primis perché credo di non esser mai stato un loro obiettivo, e poi perché nel frattempo hanno avuto direttori sportivi fantastici.
La Roma gioca nel modo in cui voleva che facesse quando è arrivata?
La Roma gioca come vuole l’allenatore che io ho scelto. È così che deve essere. Abbiamo scelto di dare ad Eusebio Di Francesco la possibilità di allenare la Roma. Dal primo giorno in cui ho parlato con lui, mi è piaciuto molto. Una volta scelto l’allenatore, era necessario trovare i pezzi per far in modo che la squadra giocasse come chiedeva il mister. Se lasciamo da parte i momenti in campionato in cui non siamo stati all’altezza, il livello è adeguato a quello che pensava il mister.
Per avere un termine di paragone, può assomigliare ad Emery per la sua personalità o per alcuni temi tattici come il pressing alto e l’ordine?
Ogni tecnico ha la sua filosofia e il suo stile. Non ce ne sono mai due uguali, anche se hanno lavorato insieme e poi si sono separati. Il mister ha cose che assomigliano a quelle di Emery, altre a Marcelino, però ha il suo modo di intendere il calcio. Non ha esordito due giorni fa, ha un passato importante e conosce il club. È molto tattico e gli piace giocare con una squadra stretta con poca distanza tra le linee.
Il suo sistema di gioco è sempre il 4-3-3?
È quello più ricorrente, ma a volte lo abbiamo cambiato.
Sarà così anche contro il Barcellona?
Non lo so e, se anche lo sapessi, non lo direi perché Valverde leggerà il Mundo Deportivo… Prima della prima partita contro i blaugrana dobbiamo andare a Bologna, c’è tempo per prepararla. Non mi preoccupa il sistema di gioco. Il mister preparerà la squadra nel miglior modo possibile per contrastare la forza e la capacità del Barcellona.
Barcellona e Manchester City le due squadre più forti del sorteggio?
Nell’urna erano le due squadre più pericolose a livello di qualità, curriculum e stato di forma.
In cosa vede migliorato Messi anno dopo anno?
L’altro giorno lui stesso ha detto di essere migliorato nel modo di comprendere il calcio come uno sport più collettivo e che dovrebbe far in modo di far sentire i suoi compagni più importanti rispetto a lui. È migliorato proprio in questo. Ora gioca più di squadra. Considerando la sua qualità, questo lo rende quasi infallibile. Una volta compresa la componente collettiva del calcio, Lionel ha raggiunto la perfezione.
Si può fermare o è meglio pensare a fermare il resto della squadra?
Sbaglieremmo se pensassimo che il Barcellona è soltanto Messi. Ha delle capacità di decidere il match che nessun altro ha. Devi provare a capirle e provare a neutralizzarle, ma bisogna anche provare a fermare il gioco collettivo di una squadra con giocatori molto importanti.
Quale può essere la chiave per la Roma nella doppia sfida contro il Barcellona?
Rimanere il più possibile vicini alla strategia del mister per andare avanti. Se quello che disegna nella sua testa e plasma in allenamento si vedrà, avremo una strada lunga lunga da percorrere. Non so se abbiamo il 20 o il 30% di possibilità di passare il turno, però una volta arrivati ai quarti si può sognare.
A Barcellona si dà quasi per scontato il passaggio alle semifinali. Cosa vorrebbe dire per mettere paura ai blaugrana che non ricordano che la Roma è arrivata prima nel girone di Champions davanti a Chelsea e Atletico?
Ho visto alcune prime pagine, ma non è mia intenzione farlo. Il momento di parlare è stato dopo il sorteggio, ora bisogna lavorare e chiudere la strada delle notizie in uscita da Roma. Non è il momento di far uscire altro. Tutto è stato già detto. Deciderà il campo.
E Alisson sarà in porta…
È cresciuto molto. In Europa non ha subìto nessun gol in casa e in Italia ha tenuto la porta inviolata per 17 volte. La sua sicurezza si trasmette al resto dei suoi compagni.