La Stampa (M.De Santis) – Sogni mostruosamente proibiti, eppure coltivati comunque, di una romanzesca rimonta e incubi di un’altra figuraccia su scala intercontinentale. Nei bagagli portati a Madrid dalla Roma, in un viaggio diventato della speranza per lo 0-2 dell’andata griffato Ronaldo e Jesé, ci sono gli uni e gli altri. C’è l’entusiasmo del generico «si può fare» e dell’occasionale «podemos», che in Spagna è anche il partito dell’attuale sindaco madrileno Manuela Carmena, ma non manca nemmeno un filo di paura che il Real possa rivelarsi un lupo infinitamente cattivo come Manchester United, Bayern e Barcellona per i passati agnellini giallorossi.
«Un gol cambia tutto» «Un gol, senza pensare che dobbiamo farne tre, e cambia tutto», sostiene Luciano Spalletti. «Il calcio è fatto anche di risvolti psicologici che possono ribaltare il modo di vedere una partita», il convincimento alla base del primo comandamento per un’impresa romanista al Bernabeu. «Non dobbiamo avere la debolezza di scendere in campo per perdere o uscire in maniera dignitosa», il secondo. «Chi lo pensa non lo faccio nemmeno allenare», la postilla. «Sarà una gara più da vero attaccante che da falso nove», la terza legge spallettiana accompagnata dall’aggiunta che «Dzeko potrebbe partire dall’inizio». Parole, segnali, indizi e teorie che, nonostante Nainggolan (uscito dolorante dall’ultima rifinitura) sia apparentemente più fuori che dentro e gli infortunati De Rossi e Rudiger siano rimasti a casa, spingono verso una Roma a trazione più anteriore del solito con la triade Salah-Perotti-El Shaarawy alle spalle di Dzeko. «Spero in un regalo di compleanno», si augura Spalletti, da ieri fresco 57enne. «Io ci credo», l’auspicio del presidente James Pallotta, così fiducioso da fare con le mani il segno del 3 (i gol che servirebbero alla Roma), prima di imbarcarsi sul volo privato che lo ha condotto a Madrid.
Zidane: «Sarà difficile». Il filotto di 7 vittorie in campionato, la conquista del 3º posto, l’andata decisa solo da «episodi» (Spalletti dixit) e tanta voglia di «un’impresa che cambierebbe la storia» (idem): la Roma alza la cresta. E Zidane fa finta di assecondare gli eroici appetiti romanisti: «La loro non è una missione impossibile, non esistono gare vinte in partenza. Per noi sarà difficile». Molto di più fidarsi di un Real a cui è rimasta solo la Champions e ha appena rifilato un 7-1, guarda caso, al povero Celta Vigo. Una coincidenza che sa tanto di avvertimento per i bollenti spiriti romanisti di «remontada» e miracoloso sbarco ai quarti.