La Gazzetta dello Sport (A.Catapano-C.Zucchelli) – L’erba cattiva non muore mai. Dalle Alpi alle Piramidi (ieri era il 5 maggio…): Torino, Milano, Genoa, Firenze, Cagliari, Taranto, Catanzaro. Minacce e botte ai calciatori, pullman assaltati, cori razzisti, intimidazioni, volgarità. E da ieri, anche bambole gonfiabili per simulare impiccagioni. A Roma, dove sennò? Con l’abbattimento delle barriere, tornata velocemente capitale delle follie ultrà, teatro dell’ultimo capitolo del Romanzo Criminale che è diventato il calcio italiano.
CHI È STATO – A volte ritornano. Non a caso, si chiamano Irriducibili. Dal 1987 guida, spesso incontrastata, della curva laziale. Trent’anni di tifo all’inglese, estremismo di destra, razzismo, violenze. Ma anche, negli anni gloriosi della presidenza Cragnotti, lauti guadagni con sciarpe e magliette ufficiali. Ultrà-imprenditori: una storia di successo, finché non è diventata una storia di malavita. Quando i mercanti sono caduti in disgrazia, falcidiati da arresti e Daspo, Lotito li ha cacciati dal «tempio». Da qualche tempo, però, sono tornati, approfittando del declino dei «colleghi» romanisti. Prima timidamente, ora da padroni. E ieri, all’ombra del Colosseo, se ne è accorto tutto il mondo.
TUTTO STUDIATO – Ha ragione Damiano Tommasi, non chiamiamola goliardia. «Volevano lanciare un messaggio al mondo…». Non a caso, ieri mattina, quando per qualche ora ha tenuto banco la versione di un’azione romanista per lavare l’onta della sconfitta nel derby, i laziali hanno fatto a gara per rivendicare la paternità del blitz. No, non c’è nulla di spontaneo dietro la macabra rappresentazione di giovedì sera al Colosseo: striscione con minaccia («Un consiglio senza offesa, dormite con la luce accesa») e tre manichini penzolanti con le maglie giallorosse di De Rossi, Nainggolan e Salah. Tutto studiato nei minimi dettagli, la scelta del luogo – sempre lo stesso ponte con vista sull’Anfiteatro Flavio, recentemente strappato al controllo romanista –, il tenore del messaggio – sempre sul tema «noi siamo il vostro incubo» già messo in scena in Curva Nord domenica scorsa –, la sua veicolazione – subito proposta sui social di riferimento e ai giornalisti amici. La rapidissima successione degli eventi lo dimostra. Alle 23.30 gli ultrà laziali – sono una trentina e a volto scoperto – arrivano a via degli Annibaldi, Rione Monti, cuore della città. Indisturbati, tra la perplessità dei turisti che li incrociano a piedi e l’indifferenza dei romani che passano in macchina, affiggono lo striscione e appendono i manichini. Pochi minuti più tardi, mentre un ascoltatore «dà l’allarme» a una radio romanista, il video che testimonia l’impresa – che il giorno dopo farà il giro del mondo – è già su Facebook. Ben prima che una pattuglia dei carabinieri, per caso, si fermi a osservare quel che resta della rappresentazione su via Annibaldi, a pochi metri da uno dei monumenti più famosi del mondo: un pezzo dello striscione, lasciato probabilmente a bella posta, dopo che la scenografia completa era rimasta sul «palco» per almeno un paio d’ore, senza che nessuno – né un vigile, né un poliziotto – intervenisse.
E RIVENDICATO – «Non riteniamo scusarci con nessuno in quanto, seppur di cattivo gusto per alcuni, rientra tutto nel sano diritto a deridere l’avversario calcistico di sempre»: l’orgogliosa rivendicazione della curva Nord arriva all’ora di pranzo. Poco dopo, arriva anche la condanna (con un paio di ma) del club: «La Lazio ribadisce la sua posizione di assoluta difesa della legalità e di totale condanna di ogni forma di violenza o di istigazione della stessa. Fermo restando che da sempre dopo ogni derby si verificano anche episodi goliardici e di sfottò». A questo punto, l’episodio, pur continuando a ballare tra il cattivo gusto e l’intimidazione, si fa meno inquietante, soprattutto per i calciatori romanisti, che dopo qualche ora di passione vengono tranquillizzati a fine allenamento. Sulla «goliardata», come l’hanno definita gli ultrà della Nord, da ieri indagano Carabinieri e Digos, al lavoro nel tentativo di identificare gli autori del blitz. La Procura, una volta ricevuta l’informativa degli investigatori, valuterà se aprire un’inchiesta con l’ipotesi di procurato allarme. La Roma ha fatto subito sapere che non sporgerà denuncia. Difficile, perciò, che ci siano gli estremi anche per comminare dei Daspo.
IL RITORNO – Gli elementi per tornare a preoccuparsi dell’ordine pubblico nella Capitale invece ci sono tutti. La «liberazione» delle curve dalle barriere sembra aver tolto il tappo alla rivalità più becera, per anni rimasta repressa. Gli ultrà sono tornati all’Olimpico e hanno ricominciato a «dialogare» sui muri e i ponti della città. Schermaglie per ora soltanto verbali, ma che nulla hanno a che fare con lo sfottò.