Forse ha ragione Andrea Abodi, presidente dell’Istituto per il Credito Sportivo, quando sottolinea che «ormai, parlando di Milano e Roma, descriviamo due Paesi diversi». Magari però conviene stare a sentire anche Carlo Cottarelli, interista doc, economista nato a Cremona che racconta: «Milano è l’efficienza, certo. Ma Roma è bellezza. Che prima o poi si renderà conto dei problemi da risolvere. Le basterà un’occasione, un momento come quello che Milano ha sfruttato con Expo». Così lontane, Milano e Roma, eppure impantanate in problemi tanto diversi quanto simili: «E non riesco a capire, da osservatore credo che sia necessario per i club italiani avere impianti moderni – ancora Cottarelli -. Non so quanto possa costare rinnovare San Siro, Milano rispetto a Roma ha anche un problema di affetto verso un simbolo della città. Di sicuro resterei nella stessa zona, non andrei altrove». Ma c’è qualcosa di sbagliato all’origine, secondo Abodi: «A Milano l’approccio dell’iter per il nuovo impianto non è stato dei più felici. Si è pensato, erroneamente, che la progettazione potesse anticipare la concertazione, doverosa, con le altre parti coinvolte, innanzitutto l’amministrazione». A Roma, per intendersi, sono passati 2.866 giorni dall’avvio dell’iter. «Prendiamo il Meazza, sulla cui utilità futura è doveroso riflettere, si è pensato di cancellarlo con un tratto di penna – aggiunge Abodi –. Io auspico che Milano e Roma possano diventare le locomotive di una politica infrastrutturale che doti l’Italia di stadi finalmente all’altezza. Una traccia importante c’è, a Verona, Bologna, Cagliari, Firenze. Ma ci vuole preliminarmente un grande patto di sistema, un’alleanza tra club, istituzioni sportive, amministrazioni locali, Governo e banca pubblica». Lo riporta La Gazzetta dello Sport.