La Gazzetta dello Sport (F.M.Ricci) – Chissà dov’è finito, e quanto è cresciuto, l’ulivo che Leo Messi portò a papa Francesco nell’agosto del 2013. Armati di pale Javier Mascherano e Gigi Buffon lo piantarono in un vaso all’Olimpico, con tanto di carriola sul campo. Allora si disse che doveva restare nello stadio. Gli argentini ci sconfissero con reti di Higuain e Banega, ma Leo non c’era: era arrivato a Roma da Kuala Lumpur con problemi muscolari e si perse l’amichevole tra Italia e Argentina (2-1 per loro) organizzata per celebrare il primo papa sudamericano. Un po’ come gli è successo due settimane fa, quando a Manchester Leo con l’Argentina non ha giocato.
LA FINALE – Quello per Messi era il secondo viaggio significativo a Roma, dopo la prima trionfale apparizione: il 27 maggio del 2009 chiuse con un miracoloso colpo di testa. Un gesto con il quale la «pulce» superò due lunghi come Rio Ferdinand ed Edwin van Der Sar nella finale di Champions tra Barcellona e Manchester United, 2-0 dopo la rete di Eto’o. Guardiola vinceva il primo «triplete» del calcio spagnolo, il Barça la sua terza Champions, Messi la seconda ma la prima da protagonista visto che nel 2006 un infortunio lo mise out ai quarti e l’aveva privato (con annessa grande rabbia) della finale parigina.
GRANDE UMILTÀ – Nel 2013 Leo vide il Papa nella Sala Clementina del Vaticano, ma non poté essere protagonista all’Olimpico. Francesco, grande tifoso del San Lorenzo de Almagro, ricevette con piacere la maglia numero 10 di Leo firmata e incorniciata e lanciò un monito ai giocatori: «Quando vi sentite personaggi ricordatevi che prima di tutto siete persone e dovete cercare di restare umili nello sport e nella vita». Beh, non abbiamo riscontri del livello di religiosità di Messi però non ci sono grandi dubbi sulla sua umiltà, sia di uomo sia di calciatore. In campo e fuori si fa fatica a ricordare un suo momento sopra le righe. Casa e campo (la chiesa magari ogni tanto), per un familyman devoto alla moglie Antonella con la quale condivide le origini italiane e una relazione piantata nell’infanzia.
A SECCO – Due anni dopo Leo è tornato a Roma per giocare all’Olimpico contro i giallorossi. Finì 1-1 e lui non segnò, salvo poi farne due nel tremendo 6-1 del Barça al ritorno. La scorsa settimana al Camp Nou è di nuovo rimasto a secco (la sua unica gara senza reti delle ultime 9 che ha giocato), seminando però il panico (era nei paraggi di De Rossi al momento dell’autogol che ha sbloccato la gara) e attirando su di se nugoli di avversari. Dicono che sia acciaccato, però sabato da solo ha smontato il Leganes, segnando 3 gol che hanno portato il suo score stagionale a 39 e i 29 in Liga gli hanno permesso di raggiungere Salah in testa alla classifica della Scarpa d’oro. La Roma è avvisata: altro che ulivo, Messi non viene in pace.