Max e Luciano, le glorie dell’Arno

La Gazzetta dello Sport (F.Conticello) – Max sa che c’è sempre una fiorentina fumante sul piatto. Luciano si vede meno in paese, ma una chiamata non manca mai. Santa Croce sull’Arno per Massimiliano Allegri e Luciano Spalletti è casa più che lo Stadium e l’Olimpico: la squadra del posto, la Cuoiopelli, è una felice tappa comune. Il tecnico della Juve sbarcò 17enne, era costato 6 milioni: lì in provincia di Pisa ha galleggiato una stagione, ‘84-‘85, tra Primavera e Prima Squadra. Quello della Roma arrivò a vent’anni con un’insospettabile chioma: ha corso in Interregionale dall’80 all’83. Mario Brotini, ormai presidente onorario, ha buona memoria su quei due centrocampisti così diversi: «Spalletti lo comprammo dalla Volterrana e abbiamo dovuto trattare sull’ingaggio: voleva 80 mila lire al mese, io gliene offrivo 70, accordo a 75. Allegri era un ragazzino magrolino, lo si chiamava “Acciuga” già allora. Una volta, visto che non giocava, se n’era tornato a casa in polemica: quante chiamate per convincerlo».

RUZZAIONI – Oggi il Tuttocuoio è in Eccellenza senza stupire. Lontani i tempi ruggenti, quando con lo zampino di un altro toscano, Luciano Moggi, si facevano affari d’oro: 250 milioni per vendere al Perugia Cristiano Lucarelli, 200 per il portiere Scalabrelli al Napoli. Quattrini a parte, a Santa Croce i più rimpianti sono i ragazzi che ora vogliono lo scudetto. Efficienti in campo, esuberanti fuori: «Quando finiva l’allenamento il Massimiliano lo trovavi sempre a giocare sui cavalli», racconta Brotini. «Il sabato sera il Luciano era fisso in discoteca: aveva un casco di capelli che a vederlo ora ho pena per lui. Tornava alle 2.30, sosteneva di aver bisogno di quelle serate di svago per giocare bene». Gli dicesse così Nainggolan, le urla arriverebbero in Toscana, ma al tempo Spalletti manteneva la promessa e sul campo non si spegneva: «Era un cavallone incredibile, correva e si “spolmonava”. Allegri era più tecnico, gli ho sempre detto che aveva il tocco alla Rivera. Potevano fare una carriera migliore, ma da allenatori si sono rifatti», racconta Renzo Soldani, presidente di oggi e dirigente di ieri. C’è anche lui a mangiare la bistecca quando il lunedì Max riesce a fare un salto: «Ai tempi in cui giocava a Santa Croce lo accompagnava il babbo da Livorno o arrivava col treno: aveva tanti amici che lo andavano a prendere in stazione, sono gli stessi che ha anche adesso», ricorda ancora Soldani. In fondo, per tutti Allegri e Spalletti erano due “ruzzaioni”, toscanismo da tradurre “burloni”: battute sparse e buon umore.

SCOGLIO E TERRA In comune pure l’allenatore, Alberto Lazzerini, mito della panchina toscana. Un duro con i ragazzi che hanno imparato benino il mestiere: «Una volta ho quasi fatto piangere Spalletti: “Finché non mi dai retta è dura per te”, gli dicevo. Era troppo esuberante sul piano tattico e quel giorno in casa con la Massese la prese male». Schermaglie di un momento, la pace arrivò presto e l’amicizia dura ancora: «Quando io ero al Cecina e Luciano voleva cominciare ad allenare, venne da me a chiedermi di entrare nello staff. Viste le risorse della società, se entrava lui, dovevo uscire io… Gli andò bene perché finì subito a Empoli e da lì è partito tutto: spero che adesso ci rifaccia vedere il gioco magnifico della sua prima Roma». Lazzerini ha frequentato Allegri un po’ meno, ma quanto basta per cogliere differenze e sfumature: «E’ un toscano di scoglio: ha mille cose nella testa e certe battute in livornese che faceva, le sento anche adesso quando parla in tv. Luciano è di terra, qua si dice che è “un tono sordo”: le cose le fa solo intuire…». Stasera, quindi, sarà il derby di Santa Croce, ma il paese non è poi così diviso: Allegri è tifato più adesso di quando studiava da Rivera allo stadio Masini.

PER APPROFONDIRE LEGGI ANCHE

I più letti