Baldini, a fine gara, tradiva una giustificata soddisfazione: “Siamo orgogliosi di questa squadra“. Sabatini guarda avanti e spera: “Il pareggio con la Juventus può essere un punto di partenza“. Certamente, dopo due trasferte sanguinose contro Udinese e Fiorentina, la Roma torna a respirare. Un’aria che avrebbe potuto avere il sapore della vittoria, quando al minuto 18 della ripresa Totti si è presentato sul dischetto per il rigore che avrebbe portato la Roma sul 2-1, regalando al capitano al primo gol stagionale, dopo un digiuno lungo quasi sette mesi. Sarà per un’altra volta. Se non altro, resta la convinzione del direttore generale, a cui fa eco il pensiero del’intero ambiente Roma: “La strada è quella giusta“. Intanto, Fenucci ha parlato delle novità attese dal cda di domani, dove lasceranno i consiglieri Ruane e D’Amore: “Nessun ridimensionamento, progetto e programmazione vanno avanti nell’interesse della Roma“.
NUOVE CERTEZZE: DE ROSSI “CENTRALE” E I GIOVANI – Solo sette giorni fa, quando sulla capitale soffiava vento di fine corsa per Luis Enrique, rammaricarsi per un pareggio interno contro la squadra più in forma del campionato sarebbe sembrato poco più che una barzelletta. Nel dopopartita dell’Olimpico, invece, il pensiero di ogni protagonista giallorosso, da Taddei a Baldini, era rivolto all’occasione persa di uscire dal match con 3 punti in tasca. Abbastanza, forse, per farsi contagiare da una sottile dose di ottimismo
in vista delle ultime due gare dell’anno solare 2011: le trasferte di Napoli e Bologna che chiuderanno i primi sei mesi alla Roma di Luis Enrique. Che ha scoperto, proprio nella gara più difficile e giocata in piena emergenza, con otto assenti di peso, di poter contare su un De Rossi polivalente. Protagonista, dopo un grande inizio di stagione da regista, di una prova straordinaria anche da centrale difensivo, seppur per la prima volta dall’inizio. Una garanzia in più per un reparto – sembrerà un paradosso – che senza Juan e Buridsso, Kjaer e Cassetti, è parso per la prima volta davvero convincente. Come tutta la squadra, nonostante l’inesperienza di molti interpreti: l’età media dell’undici di partenza schierato contro la Juventus, non arrivava a 26 anni, quasi 4 in meno rispetto alla Roma della scorsa stagione. Affidandosi, inoltre, a 4 under 21 di cui due – Viviani e Lamela – ancora in età da campionato Primavera.
LUIS, ADDIO ALL’INTEGRALISMO – Eppure, quella che si è vista sul campo è sembrata, forse per la prima volta, una squadra in evoluzione, almeno a giudicare da quello che si è visto sul campo. Nelle prime esibizioni, a patire dall’esordio shock all’Olimpico con il Cagliari, la squadra recitava a memoria il canovaccio di uno sterile possesso palla con poche conclusioni e tanti rischi per la retroguardia. Lunedì notte, al contrario, la Roma ha saputo ammorbidirsi, traducendo il dogmatico 4-3-3 alla catalana, in una sorta di 4-4-1-1 più simile allo schieramento di Conte, per non farsi trovare scoperta sulle fasce e pareggiare l’iniziale inferiorità numerica a centrocampo. “Ho voluto mettere Pjanic a limitare la qualità di Pirlo e ha fatto molto bene“, ha spiegato l’allenatore. Una scelta innovativa: mai prima il tecnico asturiano aveva modellato la propria squadra sull’avversaria, neanche contro il Milan campione d’Italia. Il segno che l’allenatore, nonostante i (propri) cattivi pensieri e quel “Mai dire mai” ripetuto quasi come un rituale scaramantico, ha scoperto che si può giocare, e bene, anche senza un isterico possesso palla. Ha già iniziato a farlo.
LE SPINE: OSVALDO E BORRIELLO – Restano, semmai, da limare alcuni elementi che stridono con la linea di comportamento richiesta da Baldini e Luis Enrique. Basti pensare a Osvaldo: dopo la luna di miele dei primi mesi, una serie di episodi discutibili. Ultimo, l’uscita dal campo senza passare dalla panchina, e rifiutando persino la stretta di mano del mental coach Llorente, per dirigersi direttamente negli spogliatoi. Ignorato anche il compagno di squadra, Borriello, che ne stava prendendo il posto. Un gesto che ovviamente non è piaciuto a dirigenti e allenatore. Che, alla ripresa degli allenamenti, non mancheranno di fargli notare anche bruscamente l’errore, commesso sotto gli occhi di sessantamila spettatori. Occhi che, poi, davanti ai televisori hanno potuto anche raccogliere lo sfogo duro di Luis Enrique nei confronti di Borriello: “Con lui ho parlato, quando mi dà quello che voglio lo mando in campo, altrimenti panchina o tribuna“. Anche per questo, a gennaio, il Genoa è pronto ad accoglierlo.
Repubblica.it – Matteo Pinci